Golf e Turismo Giugno 2016 Text & photo pages 104 – 108
Il Royal Melbourne Golf Club trova nel tranquillo sobborgo di Black Rock, a soli venti chilometri dal centro di Melbourne. Tuttavia, a dispetto del nome della località, il club dispiega i suoi splendidi fairway su di un magnifico terreno sabbioso di oltre 70 ettari di superficie. Un luogo splendido per costruire un campo da golf nel quale Alister MacKenzie e Alex Russell hanno realizzato, in un unico club, due dei percorsi più belli di tutto il mondo.
Siamo all’estremità settentrionale di quella che viene chiamata “The Sand Belt”, la cintura di sabbia, che dalle spiagge di St. Kilda fino alle scogliere del promontorio di Cape Shank, forma la penisola che protegge l’immensa baia su cui si affaccia la capitale dello Stato di Victoria.
Dei bellissimi campi che “la cintura” racchiude, compresi alcuni fantastici links, parleremo però in un prossimo reportage. Perché l’invito ad andare a giocare al Royal Melbourne Golf Club merita uno spazio e un racconto tutto suo.
Il rispetto che questo club si è meritato nel tempo è definito dai suoi numeri. Nei vari ranking ufficiali i suoi campi sono sempre stati nei primi dieci di tutte le classifiche. Il West Course è 1° nello Stato di Victoria, 1° in Australia e 7° nel mondo (l’East Course è 5° in Victoria e 9° in Australia). Dal 1959, per lo svolgimento dei grandi tornei, venne inoltre definito il ‘Composite Course’ che riunisce le migliori e più difficili 18 buche dei due percorsi. In quello stesso anno qui si svolse per la prima volta la World Cup (allora si chiamava Canada Cup) e da allora il Composite si è posizionato sempre tra i primi dieci al mondo.
Questi meritati giudizi danno solo una vaga idea di quanto sia piacevole giocare in una cornice unica e sconosciuta ai campi italiani, dove il susseguirsi di curatissimi e lussureggianti fairway fa da contraltare al gioco più insidioso. È difficile descrivere quanto sia palpabile il fascino di giocare sull’erba dove grandi campioni hanno scritto pagine memorabili della storia del golf. Effettivamente questo campo vale, anche da solo, l’intero viaggio.
Fu nel 1891, quando da queste parti stava finendo la corsa all’oro australiana, che alcuni abitanti di Melbourne di origine scozzese fondarono quello che è oggi il club più longevo di tutto l’enorme continente/isola. Il Melbourne Golf Club espresse immediatamente la sua vocazione all’eccellenza ottenendo già nel 1895 l’appellativo di “Royal”.
Dal primo campo nel sobborgo di Caulfield il club si spostò progressivamente a sud, allontanandosi dalla metropoli che si stava espandendo. In cerca di spazi più ampi trovò una prima collocazione a Sandringham, nel 1901, e poi la sua sede definitiva a Black Rock nel 1931. Già nel 1905 si guadagnò la reputazione di essere il migliore di tutta l’Australia, ma il successivo ed eccezionale salto di qualità avvenne con la costruzione del West Course a Black Rock. Il suo straordinario e celeberrimo architetto, Alister MacKenzie, fu allo stesso tempo un grande designer e un visionario. Non progettava per il presente ma per il gioco che immaginava si sarebbe sviluppato nei decenni a venire. Non ci sono infatti grandi differenze tra l’impianto originario delle prime 18 buche e quello attuale. Eppure le sue qualità hanno superato indenni il trascorrere del tempo fino al 2003 quando alcune varianti, proprio relative alla sua lunghezza, furono apportate a entrambi i campi. L’East Course, disegnato da Alex Maxwell, è un poco più corto ma non è meno difficile, anzi, secondo lo slope rating il West è stimato 131 mentre l’East è 133. E infatti su entrambi i tracciati sono si sono svolti due Australian Open. Il club ebbe inoltre la fortuna di avere in Mick Morcom un greenkeeper di grandissima esperienza che costruì sia entrambi i percorsi di questo club sia il campo del vicino Kingston Heath Golf Club.
A un primo sguardo la maggior parte dei fairway sono molto larghi, con un “second cut” altrettanto ampio e piuttosto basso, quasi a perdonare i tiri poco precisi. È solo un’illusione. Le linee ottimali di tiro consentono errori minimi sia nella direzione sia in lunghezza. Lungo i par 4 e 5 si snodano infinite serie di larghi bunker che accolgono al loro interno vere e proprie isole di brughiera e talvolta anche qualche arbusto di tea-tree.
E mentre l’occhio si appaga di tanta insidiosa bellezza si giunge ai green perfetti ma mossi come vele al vento dei “quaranta ruggenti”, e veloci oltre ogni aspettativa. Qui il gioco è infatti sempre molto, molto veloce. Per quanto l’aspetto generale sia quello di un parkland, il fondo sabbioso e il mix di erbe native tagliate a raso conferiscono a questi campi lo stesso terreno di gioco di un links.
A soccorrere il giocatore ospite ci pensa il tablet del cart che oltre a dare la propria posizione in GPS, con le relative distanze al green, offre i consigli del caddie master in contemporanea alla ripresa dell’intera buca fatta con un drone, così come si può vedere visitando il sito del circolo.
Difficile scegliere cosa menzionare tra le insidie presenti sui due percorsi ma sicuramente due par 4, la 10 del West e la 2 dell’East rischiano di lasciare il segno sullo score. La prima viene soprannominata dai soci “il mezzo acro d’inferno” a causa dei numerosi e profondi bunker che occorre sorvolare con il drive e poi evitare con il secondo colpo prima dell’approccio al green; e la seconda e il par 4 più stretto di tutto il campo dove le migliori linee di tiro sono solo intuibili.
Due tra i più belli par 3 nel mondo sono qui: la 5 del West, dov’è consigliato il ferro 5 per atterrare direttamente sul green e giocarsi il par senza finire nei bunker che gli si affollano intorno, e la 16 dell’East dove talvolta, pur essendo già sul green, è necessario usare il pitch per metterla in buca e non farla finire nel bunker frontale che vi s’incunea profondamente. In un campo così difficile non mancano le sfide per chi ama rischiare: alla 2 del West, un sinuoso par 5 di 449 metri, le migliori linee di tiro che sorvolano alberi e bunker possono ripagare tanto coraggio. Infine, come se tutto ciò non bastasse, c’è da considerare il vento, forte, teso e variabile nella forza.
Come già ricordato, per i grandi tornei venne creato il Composite Course; nel suo albo d’oro ci sono nomi del calibro di Gary Player, Greg Norman, Ernie Els e Tiger Woods. È composto da dodici buche del West e da sei dell’East con una lunghezza totale di 6.401 metri e viene considerato tra i migliori dieci in assoluto.
La sua particolarità è che miscela le migliori caratteristiche dei links scozzesi con la classicità dell’Augusta National, e i suoi fantastici green, probabilmente i più veloci al mondo, con i suoi larghi bunker, vere opere di design. Giocare su questo percorso non è per tutti i mortali, tuttavia sarà sufficiente prenotare un giro sul West o sull’East per assaporare l’emozione di calcare le scene su cui sono state scritte alcune delle più grandi pagine della storia del golf, dall’altra parte del mondo.