Golf & Tourism November 2005 Text & photo pages 118 – 126
La gente di Cadice ritiene che la magia del flamenco abbia avuto origine nella loro terra, in quella parte meridionale della Spagna che guarda l’Atlantico e dove il fragore dell’oceano si mischia al profumo degli ulivi e delle querce da sughero. Forse non è proprio così ma è sicuro che il triangolo costituito da Cadice, Herez de la Frontera e Triana ha dato i natali ai più grandi interpreti di quest’arte e che, soprattutto, proprio qui lo jondo è un modo di esprimere i propri sentimenti diffuso e popolare, nel senso più letterale del significato.
Lo jondo non è solo il canto più tipico dell’Andalusia, la melodia che accompagna il flamenco. È l’anima antica e perenne di questa terra, la più viva e concreta espressione dei suoi sentimenti: amore e odio, gelosia e infedeltà, passione e amicizia, invidia e generosità, tristezza e allegria. Questo canto popolare esprime ogni sentimento con una passione totalizzante. Coinvolge ogni più profonda fibra dell’animo e del corpo. Ugualmente il flamenco è l’espressione fisica, danzata, delle stesse vicende umane ed entrambi, cantore e danzatrice, raggiungono una immedesimazione così profonda da sfiorare lo sfinimento, come se ogni stilla di energia dovesse consumarsi nella rappresentazione del dramma umano. È così che può capitare di assistere ad eccellenti spettacoli per turisti come di udire casualmente un canto lontano che rimbalza tra le pareti bianche di un candido villaggio arroccato su di una collina. La regione di Cadice è veramente singolare. La città è nata sul mare e per il mare e misura la sua storia in millenni.
Fu il primo porto importante oltre le colonne d’Ercole. Qui giunsero i fenici, oltre tremila anni fa, poi i cartaginesi, i romani, gli arabi ed infine gli spagnoli della Reconquista. I lasciti di questa lunga storia sono visibili al Museo di Cadice e sarebbero ben maggiori se gli inglesi non l’avessero largamente distrutta nei loro numerosi e vani tentativi di conquista.
Sul mare questa città ha fatto la sua fortuna. Fu dalle acque della sua baia che partirono la seconda spedizione di Cristoforo Colombo e le navi di Magellano che per la prima volta circumnavigarono il globo terrestre. La città conserva ancora, nella sua parte vecchia, le case dei mercanti che dominavano i commerci delle colonie americane.
In tempi più recenti ha tratto invece vigore e ricchezza dalla sua terra. Le dolci colline che modellano il paesaggio di questa regione regalano un vino forte e liquoroso rinomato nel mondo: lo xérès. Un nome così impronunciabile per gli inglesi, suoi grandi estimatori, da trasformarlo in sherry e farlo conoscere, nella nuova dizione, in tutto il mondo.
Le colline intorno a Herez de la Frontera ne producono oltre 650.000 ettolitri all’anno e le bodegas della simpatica cittadina sono un appuntamento da non mancare, per il palato dei buongustai e per il fascino delle loro architetture.
Questo curioso mix di popoli, culture e commerci ha dato i suoi benefici frutti anche quando ci si deve semplicemente sedere a tavola. Carni, pesce e vino sono sapientemente utilizzati nella cucina Andalusa che ha una grande varietà di cibi e di sapori.
Terra di cavalli e di tori da corrida, nella prima metà di maggio Herez vive la sua feria, che è innanzitutto una festa popolare dove gli affari vengono trattati per le strade e dove il flamenco si balla in ogni angolo della città. Se la tradizione secolare di equitazione si può ammirare quasi tutti i giorni alla Real Escuela Andaluza del Arte Equestre, nei giorni della feria la Fiera Internazionale del cavallo attrae appassionati da ogni parte d’Europa.
Per gli appassionati di golf invece, la costa Andalusa con i suoi oltre ottanta campi è sinonimo di grandi competizioni. Il famoso campo del Club de Golf Valderrama è ormai una tappa abituale del Volvo Masters. Anche nel suo tratto atlantico, la Costa de la Luz, sono numerosi e in questo viaggio ne abbiamo visitati cinque. Meritano tutti il credito che si sono fatti in ambito internazionale e offrono difficoltà e ambienti assai differenti l’uno dall’altro. Una cosa hanno in comune: il clima. La costa atlantica è molto più ventilata di quella mediterranea e quindi temperature e umidità sono assai diverse da quelle della vicina Marbella. Assai mite d’inverno, il clima è molto fresco e ventilato in estate con notevole agio nel gioco, anche nelle più calde giornate estive, e poi sono accomunati da un’altra caratteristica: sono tutti molto belli.
Il campo del Montecastillo Hotel & Golf Resort, realizzato nel 1993 su disegno di Jack Nicklaus, ha ospitato il Volvo Master Andalusia dal 1997 al 2001. Presenta forti dislivelli e notevoli difficoltà: è richiesto un handicap minimo di 28 per gli uomini e di 36 per le donne.
In compenso sono molte le buche che offrono splendidi panorami sulla pianura intorno e qualche scorcio sulla famosa pista di velocità di Jerez de la Frontiera. Il percorso si snoda attraverso gli ulivi, molti dei quali piantati appositamente, e querce da sughero, in perfetta sintonia con il paesaggio circostante nel quale i disegni geometrici di uliveti e vigne si perdono all’orizzonte.
Talvolta il fair way non appare di un verde brillante, specie nei tratti di forte pendenza, ma grazie all’utilizzo della bermuda grass, il tappeto erboso è sempre un vero velluto (anche a detta della concorrenza). La polvere di marmo dei bunkers e un’ottimo drenaggio completano l’accuratezza della realizzazione.
Sono numerosi i tee o i green posti in punti panoramici ma la buca considerata unanimemente più bella è la 18: un par quattro difficile di 389 m con il tee posizionato sessanta metri al di sopra della valle. Ha un fairway stretto tra un grande specchio d’acqua a sinistra e la club house a destra, e regala uno splendido colpo d’occhio sull’intero resort.
Il Costa Ballena Club de Golf ha 36 buche. È suddiviso in tre percorsi da nove buche, più nove veloci buche tutte par tre. Il suo percorso ufficiale è un par 72 per 6036 m. ed è stato disegnato da José Maria Olazábal, uno dei più grandi campioni di golf di Spagna. È inserito in un bel parco contornato da complessi residenziali che tuttavia non disturbano il gioco. Ha un terreno sostanzialmente piano ma il profilo continuamente ondulato dei fairway, i cambiamenti di direzione, i numerosi specchi d’acqua e i bunkers posizionati molto sapientemente lo rendono assai competitivo. Alcune buche poi (12,13 e 14 e la 4 del percorso par tre) sono proprio in riva al mare e solo la spiaggia le divide dalle acque dell’oceano. Non è esattamente un “links” ma il fragore delle onde sulla battigia e le numerose palme che costellano il verde del parco danno sensazioni di terre lontane o di paesi esotici.
La club house, per quanto semplice possa apparire esteriormente, è molto confortevole e ben attrezzata sia per i super sportivi sia per gli amanti del relax. Il ristorante è veramente ottimo e l’ospitalità eccellente. Il verde, magnificamente tenuto, e uno dei più grandi driving range d’Europa (fronte mare) hanno convinto la squadra nazionale svedese a trascorrervi parte del loro allenamento invernale.
Anche il Club de Golf Novo Sancti Petri si trova sulla costa e, per un breve tratto, il percorso del campo “A” si sviluppa sopra la spiaggia. In tutto ha 36 buche divise in due recorridos: il primo (A) è denominato Mar y Pinos (par 72 per 6476 m) e il secondo (B) più breve denominato Centro (par 72 per m 6071). L’intero golf è stato disegnato, primo in Spagna, da Severianos Ballestreros ed è interamente realizzato in un bosco di grandi pini marittimi inframmezzati dai cespugli tipici della costa atlantica e, specialmente nella parte interna, da querce e altissimi eucalipti.
Nel tratto prospiciente alla spiaggia il gioco è molto panoramico ma il vento può costituire una considerevole difficoltà. Lungo il tratto interno invece sono i fairway, molto stretti, e gli specchi d’acqua a rappresentare i maggiori ostacoli. Nel complesso il gioco è divertente: grazie ai rough molto curati anche tra gli alberi, non si perdono troppe palle e il gioco guadagna in velocità. Il verde è molto curato e i green sono ottimamente tenuti. Il percorso più difficile è il recorrido A (quello più lungo) ma la buca più difficile in assoluto è la 14 del B: un par 4 di 416 m in curvatura a destra, dove un grazioso albero si innalza in mezzo al fairway esattamente davanti a dove si dovrebbe tirare il secondo colpo d’approccio al green. La firma di Severiano Ballestreros si trova alla fine di questo stesso percorso dove un impegnativo bunker a forma di S difende il green della 18.
Il Monteenmedio Golf & Country Club si situa invece qualche chilometro nell’interno e occupa oltre centoventi ettari di bosco di querce e ulivi sulle pendici di alcune colline. Il campo (par 72 per 5931 m) porta la firma di Alejandro Maldonado e fu aperto nel 1996. Ovviamente occupa solo una parte dell’immensa tenuta che è destinata ad ospitare anche numerose manifestazioni di equitazione ma, proprio per questa ragione, gode di spazi veramente ampi e offre scorci di grande effetto sulla campagna circostante, in particolare sulla vicina Vejer de la Frontera . La natura collinosa del terreno offre notevoli dislivelli e, anche se l’ampiezza dei fairway può indurre in inganno, è molto difficile perché le traiettorie corrette sono molto ristrette e impegnative per tutti. Il percorso si snoda in un grande bosco di ulivi nel quale sono stati aggiunti alcuni specchi d’acqua per renderlo ancora più difficile.
La club house è sontuosa come si conviene ad un Country Club, l’accoglienza è veramente impeccabile e sono anche numerose le attività per il tempo libero che questo centro consente al visitatore.
L’ultimo campo di questo viaggio si trova sempre nella provincia di Cadice anche se, per la verità, si affaccia sulla costa mediterranea. Tuttavia proprio questa sua caratteristica lo rende l’unico links della costa andalusa.
L’Alcaidesa Links Golf Course (par 72 per 5766 m) merita quindi qualche chilometro in più poiché offre un gioco ancora una volta diverso. Disegnato da Peter Allis e Clive Clark (entrambi giocatori di Ryder Cup) ha dodici delle sue diciotto buche prospicienti il mare. Sono situate qualche decina di metri sopra alla spiaggia dell’ampio golfo in cui trova spazio, ma da tutto il campo si può facilmente ammirare la costa spagnola, la rocca di Gibilterra e la vicina costa africana. Nonostante i forti dislivelli del terreno, il verde è ben curato. Ha ospitato alcuni tornei PGA e ha tutti i requisiti di un links: faiway molto ondulati, bunker profondi, un forte vento quasi costante causato dall’incontro del Mar Mediterraneo con l’Oceano Atlantico, buche a picco sulla spiaggia sottostante e la vegetazione di bassi cespugli che rende quasi impossibile trovare la pallina nel rough. È infatti famoso per l’alto numero di palline che fa perdere alla maggior parte dei giocatori. La club house che abbiamo visto è graziosa ma piccolina. Per quest’anno tuttavia sarà pronta una nuova e più importante club house insieme al nuovo campo da 18 buche disegnato da Dave Thomas.