Golf & Tourism April 2004 Text & photo pages 108 – 114
Londra è, probabilmente, la città sulla quale è stato scritto di più e sono state pubblicate più guide e “istruzioni per l’uso” di ogni altra metropoli al mondo. Che la si visiti per affari o per turismo, l’immensa e multicolore capitale britannica accoglie tutti, con il suo caotico e operoso caleidoscopio delle etnie che la compongono. Per assaporare quell’atmosfera tipicamente inglese che la caratterizzava invece un secolo fa è indispensabile, per paradosso della storia, andare a giocare a golf in alcuni dei suoi campi più famosi. Non stiamo parlando di qualcuno degli oltre cento campi che si trovano all’interno della “orbital”, l’anello autostradale di oltre duecentocinquanta chilometri che fa il periplo della capitale, ma di tre campi situati un po’ più lontano che sono entrati a buon diritto a far parte della storia del golf: il Royal St. Gorge’s Golf Club, il Wentworth Country e Golf Club e il Sunningdale Golf Club. Ognuno di essi ha un grande temperamento e peculiari difficoltà ma l’atmosfera che vi si respira è ancora quella dell’Inghilterra e dell’impero di un tempo fu. Il Royal St. Gorge’s Golf Club si trova nei pressi di Sandwich (Kent), una piccola cittadina di mare che conserva ancora taverne del tempo di Sir Francis Drake. È al limite estremo dell’ampio golfo in cui sfocia il Tamigi, in un paesaggio di dune di sabbia naturalmente vocato al “links”. Fu costruito nel 1887 dal Dr Laidlaw Purves, già membro del Royal Wimbledon Golf Club, che ne disegnò egli stesso il percorso. Purves trovò immediatamente un buon numero di soci sottoscrittori, tutti desiderosi di giocare in un ambiente meno affollato dei campi della capitale e di essere membri del club che avrebbe rivaleggiato con il St. Andrew’s in Scozia.
Il campo è realmente molto impegnativo. In oltre un secolo di competizioni soltanto due giocatori di Open, Bill Rogers nel 1981 e Greg Norman nel 1993, sono riusciti ad andare sotto il par dopo 72 buche. Per tutti i golfisti “normali”, la formula di gioco del campo è infatti il foursomes con le due palle migliori ed è richiesto un handicap massimo di 20. Come ha scritto il famoso giornalista di golf, e membro del club, Bernard Darwin il terreno è “un susseguirsi di colline di sabbia, pieghe, avvallamenti, piattaforme, buche e ondulazioni che sono sirene e inferi” per i giocatori. Se a tutto ciò si aggiunge che i bunkers sono delle vere e proprie voragini, protette talvolta da massicciate in legno tanto sono profondi, e il vento incostante aumenta la difficoltà nei tiri alti è ovvio che non c’è perdono per il minimo errore.
Il percorso è stato parzialmente ammodernato dopo il 1993 dai due architetti John Salvesen e Donald Steel che lo hanno allungato: ora i campionati si giocano su di un par 71per 7102 yarde (quello non professionistico è rimasto di 6176). Sono stati ridisegnati anche numerosi green ma il rough, costituito da erbe alte e resistenti, non è mai stato toccato rispettando il paesaggio naturale di dune sabbiose che costeggiano il litorale.
Nonostante sia stato disegnato ancora prima dell’invenzione della radio, la sua struttura favorisce lo spettacolo per il pubblico e le riprese televisive, cosicché questo campo può vantare alcune “prime”. Nel 1894, solo sette anni dopo essere stato costruito, fu giocato qui il primo Open al di fuori della Scozia e, al Dunlop Masters del 1967, Tony Jacklin fece il primo “hole in one” ripreso dalla televisione. Nel palma res del St. George’s Champion Grand Challenge Cup ci sono giocatori noti come John Ball Jr., Harold Hilton, Francis Ouimet e Jack Nicklaus.
Situato nel Surrey nei pressi di Virginia Waters, a breve distanza da Windsor e dall’aeroporto di Heathrow, il Wentworth Club afferma di essere il miglior il miglior golf e country club in Europa. È, in ogni caso, un luogo d’eccezione. Pur relativamente recente nella storia del golf – il suo primo campo fu inaugurato nel 1924 – è diventato in breve tempo un tempio di questo sport.
Nel 1926 venne giocato l’incontro precursore della Ryder Cup in un incontro informale tra una delegazione USA e un team locale, la Curtis Cup ebbe inizio proprio qui nel 1932 e nei primi anni cinquanta fu su questo campo che Henry Longhurst effettuò il suo primo commento televisivo ad una competizione di golf. Oggi Wentworth è conosciuto ovunque nel mondo grazie alle riprese televisive per l’annuale PGA e World Match Play Championship.
Ai primi due campi, East (6201 yarde – par 70) e West (7047 yarde – par 74) disegnati da Larry Colt negli anni venti, si è aggiunto nel 1988 l’Edimburgh (7004 yarde – par 74) portando a tre i percorsi di 18 buche. La magnifica club house che in origine fu una residenza del cognato del Duca di Wellington si è trasformata, negli ultimi dieci anni, in una lussuosa sede di meeting. Sempre nel medesimo periodo, allo storico edificio si è affiancato il Tennis Health Club e Spa con 15 campi da tennis e due piscine, una interna e una seconda esterna e riscaldata.
Lo spirito del club può essere riassunto dal nome del bar. Il “Burma”, a rammentare gli splendori delle Indie Orientali, e “Burma Road” è il soprannome del West sul quale vengono giocati i tornei più importanti. I corridoi della club house si sono trasformati nella Hall of Fame dei grandi giocatori che si sono avvicendati su questi campi. Ognuno di essi ha infatti donato uno dei suoi ferri per celebrare la propria vittoria.
I campi sono tutti situati in un immenso parco, duecento acri di alberi secolari, la cui conservazione risale alla conquista normanna. Come in gran parte del Surrey il bosco è inframmezzato da stagni, specchi d’acqua e aperta brughiera che impreziosiscono il paesaggio e aumentano la difficoltà di gioco. Gli stretti fairways e le quinte di alberi sono proprio le maggiori difficoltà che qui si possono incontrare oltre, ovviamente, ad alcuni forti dislivelli come ad esempio la 14ª del West. Per potersi cimentare su questo campo, su una lunghezza inferiore al percorso di competizione, è quindi richiesto un handicap massimo di 24 per gli uomini e di 32 per le donne. L’East e l’Edinburgh sono meno impegnativi.
Nella contea del Berkshire ma, in realtà, a pochi chilometri da Virginia Waters, si trova il Sunningdale Golf Club. Anche qui ci sono due percorsi di 18 buche ma quando si ha in mente questo club il pensiero va immediatamente all’Old Corse (6581 yarde – par 72) disegnato nel 1900 da Willie Park. È proprio a proposito di questo campo che si narra la storiella di un americano, uno scozzese ed un inglese che discutono su quale possibile campo di golf potrebbero trovare in paradiso. L’americano sostiene che sicuramente vi troverebbe molte delle buche di Augusta, lo scozzese afferma che trovare qualcosa di diverso dall’ “Old Course” di St. Andrew’s sarebbe pura eresia, ma l’inglese candidamente e sicuramente dichiara che al di là dei cancelli del cielo troverà unicamente una seconda Sunningdale. Tra i difetti degli inglesi sicuramente non si annovera la modestia, ma questa storiella racchiude in sé lo spirito con cui essi custodiscono gelosamente la loro tradizione.
Il secondo percorso del Sunningdale, il “New” (6617 yarde – par 70), fu costruito nel 1922 da Harry Colt e non è da meno per bellezza e difficoltà, ma i più importanti tornei sono sempre stati giocati sul “Vecchio” ed è quindi quest’ultimo ad essere il più conosciuto dal grande pubblico. L’inizio della sua fama è forse dovuto ad una gara di qualificazione al campionato Open del 1926, in cui il leggendario Bobby Jones fece uno score “incredibile e indecente” di 66, come ebbe a dire Bernard Darwin. Da allora, sull’Old Corse, si sono svolti tornei di grande importanza: l’European Open, la Walker Cup, il Weetabix British Open e, nel 2000, il primo Seve Ballestreros Trophy.
Il campo è di una bellezza selvaggia. Immerso in un parco secolare, sviluppa i suoi fairway tra quinte di pini e altre conifere ma concede solo spazi stretti. Spesso il fairway è interrotto da tratti di rough di erica e l’erba alta costeggia i bordi del bosco. Ha notevoli dislivelli e questa caratteristica regala, talvolta, magnifici sguardi molto panoramici sul campo come quelli ai tee della 5a e della 10a. E’ proprio dopo il geen della 10ª che si trova la “half way hut”, la buvette dove i due gestori, Vernon e Derek, accolgono i giocatori con la loro proverbiale simpatia. I loro sandwich e soprattutto le loro salsicce sono conosciute ben oltre i confini britannici, costituendo il punto di riferimento per tante “hut” sparse sui campi europei.
Note gastronomiche a parte i percorsi sono molto impegnativi, sia dal punto di vista fisico sia sotto il profilo psicologico e… non perdonano errori. L’handicap massimo per poter giocare in questo club è 18 per gli uomini e 24 per le donne.
Tuttavia, avere l’opportunità di terminare una giornata di piacevole gioco stringendosi la mano all’ombra dell’immensa quercia secolare che sovrasta il green della 18ª, il simbolo stesso del club, è un po’ come entrare nella leggenda di questo sport.