Golf & Tourism May 2007 Text & photo pages 150 – 160
Nella stretta via dai forti caratteri rinascimentali, frotte di turisti gironzolano pigramente da una vetrina all’altra. Nel brusio di fondo si odono voci dagli accenti piuttosto familiari: una famiglia milanese, due coppie romane, un gruppo di amici dalla cadenza meridionale e poi altri ancora, un po’ da ogni altra parte della penisola. Tra la folla di volti e fisionomie e lingue europee spiccano netti, come sempre, i lineamenti orientali dei turisti giapponesi, accompagnati dalle loro immancabili macchine fotografiche.
Solo che questa non è Venezia e nemmeno Roma, ma Praga e la via in questione è la Nerudova che collega il Karlův most, il ponte più vecchio e caratteristico della città, con il Castello: simbolo della millenaria fortuna della città, della sua abilità nel sovrapporre e armonizzare stili e architetture diverse e della sua capacità di attraversare le più diverse vicissitudini storiche senza mai rinunciare al suo ruolo di guida della nazione.
La sua immensa facciata rinascimentale collega ben tre corti, la Cattedrale gotica di San Vito, la Grande Sala della Pallacorda e un grande parco, racchiudendo in sé una superficie di ben 45 ettari: quanto un bel campo di golf.
La capitale della Repubblica Ceka piace molto agli italiani, probabilmente perché le sue vie sono un libro di storia aperto al cielo o magari perché si avverte una speciale familiarità che ci fa sentire in qualche modo ancora a casa propria. Del resto, proprio al n° 34 di Via Nerudova si trova la casa “dal Ferro di Cavallo Dorato” appartenuta ad Ulrico de Sala Aostalis, un architetto italiano che verso il 1580 contribuì non poco alla ricostruzione di quella parte della città dopo l’incendio del 1541. Furono così numerosi i Vlaši (così venivano chiamati gli italiani in questa città) a trasferirsi a Praga in quegli anni, che fondarono una numerosa comunità di muratori, tagliapietre, stuccatori ed altri artigiani. Si stabilirono proprio qui, intorno alla collina di Jánský vršek, dov’è la via che ne porta il nome, a metà della Nerudova.
Due passi più là, in via Vlašska, ancora oggi sorge un ospedale nel luogo dove questa fiorente comunità ebbe modo di costruirsi persino il suo “Vlašský špitál”: l’ospedale italiano.
Un altro degli aspetti piacevoli del cuore della città di Praga è che, pur nella sua continua sovrapposizione di stili, ha un aspetto gradevole, omogeneo, come se ogni nuova costruzione si fosse impegnata ad armonizzarsi con quelle presenti intorno. A differenza di molte altre capitali non ha perso il suo aspetto umano e, nonostante le sue dimensioni affatto piccole, è pur sempre necessario visitarla a piedi per apprezzare interamente il suo fascino.
Ecco perché è normale incontrare un gran numero di italiani lungo le vie che dal castello scendono alla Vltava, il fiume che divide la città in due. Dopo tutto è un quartiere ricco di pub e ristoranti e di improbabili negozietti di cartoline e souvenir dove gentili vietnamiti vendono i loro oggettini di vetro e porcellana. Del resto è giusto che ogni capitale che si rispetti abbia l’equivalente delle bocce di vetro con la neve che cade sulle gondole sullo sfondo di Piazza San Marco. Se però desiderate acquistare la splendida porcellana o i meravigliosi cristalli di Boemia fareste meglio a cercare altrove.
La struttura medievale della città è ancora intatta e le viuzze si susseguono offrendo scorci davvero notevoli ma senza mai concedere grandi prospettive. Così, quasi inaspettatamente ci si ritrova sul Karlův most con le sue bancarelle, gli artisti a disegnare ritratti e caricature e il solito via vai di giovani alla ricerca di un impossibile momento di romanticismo in questa ressa perenne.
Ancora qualche passo e si giunge finalmente alla Staromĕstské nàmĕstí, la Piazza della Vecchia Città. La più conosciuta e famosa piazza di Praga che racchiude in sé tutti gli stili, i periodi storici e i contributi di tutti gli architetti che si sono cimentati a rendere bella questa capitale. Dalla chiesa gotica di Nostra Signora di Týn, ai palazzi rinascimentali, al barocco più recente, fino all’orologio astronomico della facciata gotica del vecchio municipio davanti al quale si trova sempre una gran folla col naso all’insù, in attesa dello scoccare dell’ora e del singolare movimento in cui appaiono i dodici apostoli in processione.
Ma la continua commistione di stili continua anche poco distante da questa piazza dove sorge un piccolo quartiere costruito nel luminoso liberty parigino e nel cui bel mezzo, per contrasto, si trova la più antica sinagoga di tutta l’Europa Centrale. È un fatto: questa città è sempre stata nel cuore dell’Europa, crocevia di nazioni per nascita e cosmopolita per vocazione.
L’epoca d’oro di questa sua allure internazionale si situa tra la metà dell’‘800 e la prima Guerra Mondiale. In quegli anni, mentre Praga lottava per ottenere la sua indipendenza dall’Impero asburgico, nella parte più occidentale della Boemia il triangolo delle stazioni termali formato da Karlovy Vary, Mariánske Láznĕ (altrimenti conosciuta come Marienbad) e Františkovy Láznĕ costituiva il principale richiamo turistico del bel mondo europeo. Fu qui e in questo periodo che in Boemia vennero costituiti i primi campi da golf, magnifici parkland classicamente disegnati rispettando la splendida natura dei boschi di questa regione: ancora oggi sono i più belli.
Da quel tempo se ne sono aggiunti molti altri di buon livello tecnico e così può essere davvero interessante portarsi appresso la propria sacca , giocare sugli stessi percorsi che videro cimentarsi i regnanti d’Europa e rilassarsi nel verde intenso delle foreste di questa terra.
Il tour dei campi nella Boemia occidentale potrebbe benissimo iniziare dal Golf Park Plzen che si trova a pochi chilometri dall’omonima cittadina. Non è molto lungo (par 71 per 5570 m) ma offre scorci di notevole bellezza. Le prime 5 buche sono piuttosto in piano ma si districano tra numerosi specchi d’acqua. Poi il percorso diventa un impegnativo saliscendi fino alla buca 11. Questa signature hole è un corto par 3 di 108 m il cui green è posto su di una stretta penisola che si protende nel lago. La più difficile è comunque la 8, un par 4 di 369 m che curva sulla destra e in salita, con linee di tiro molto strette e un rough impossibile appena fuori dal fairway. Le restanti buche risalgono la collina ritornando alla moderna club house ricavata restaurando un edificio storico.
Gli amanti della birra che giungono sin qui ne approfittano sempre per andare a Plzen a visitare la vicina fabbrica della “Pilsner Urquell”. È quasi una specie di pellegrinaggio anche perché in uno dei tratti della chilometrica cantina della vecchia birreria si produce ancora la birra secondo la tradizione di alcuni secoli fa.
Un po’ più a nord e ad ovest di Plzen, proprio nella regione della Repubblica Ceca che si incunea nella Germania, si trova la splendida foresta Slavkoský les: un’immensa distesa di querce e conifere che si adagia sui morbidi rilievi di un antico vulcano non più in attività. Oggi restano attive soltanto innumerevoli fumarole e un incredibile quantità di sorgenti termali di cui da secoli sono riconosciute le virtù terapeutiche. Inoltre, negli ultimi anni, la maggior parte degli hotel che già aveva fonti termali proprie, si è dotata di SPA e centri benessere, migliorando il proprio servizio e trasformando questa regione in un vero paradiso di rigenerazione fisica.
Ai vertici del triangolo formato idealmente da questa foresta si trovano appunto le tre stazioni termali di Karlovy Vary, Mariánske Láznĕ e Františkovy Láznĕ. Il tratto caratteristico di questi piccoli centri è costituito dagli spazi esterni, ricchi di verde per passeggiare tranquillamente nei giardini ordinati, o di magnifici colonnati coperti, le Kolonáda, realizzati per la maggior parte in stile neo rinascimentale, che consentivano “lo strucio” del bel mondo tra le fontanelle zampillanti di acqua termale. Fortuna ha voluto che, nonostante due conflitti mondiali, questi piccoli gioielli di architettura fin de siecle dalle chiese barocche e dai palazzi in stile liberty siano giunti quasi intatti sino ai giorni nostri.
Così è stato anche per il Golf Course Karlovy Vary (par 72 di 6167 m). Venne fondato nel 1904 e nel 1933 acquisì il disegno attuale grazie al contributo dell’architetto parigino C. Noskowski. Oggi ha 780 soci ed è probabilmente il miglior campo della Repubblica Ceca. Si tratta di un classico park land con vegetazione secolare, curato nei minimi dettagli: dal farway senza sbavature, nonostante i notevoli dislivelli, ai green veloci da campionato, alle splendide fioriture. È difficile quanto bello, i fairway sono molto stretti, i cambiamenti di direzione frequenti e, infine, alcuni specchi d’acqua e numerosi bunker ne aumentano ulteriormente la difficoltà. Anche la club house è davvero importante e i servizi offerti sono di ottimo livello.
Il vertice all’estremità occidentale del nostro viaggio è costituito dal Golf Club Františkovy. Il campo (par 72 di 6433 m) disegnato dall’inglese Peter Walzer e dal tedesco Heinz Fehring è più recente e ha due anime. Le prime quattro buche sono molto aperte e relativamente facili con un rough molto raso per velocizzare il gioco, poi il percorso si immerge nel bosco e tutto diventa più difficile. I fairway si restringono, gli ostacoli d’acqua si moltiplicano e il percorso segue il saliscendi delle colline sulle quali si sviluppa. Lungo la linea di tiro si trovano sempre alti alberi e il rough diventa un sottobosco di erica e mirtilli, molto bello a vedersi ma senza perdono.
Decisamente nuovo, aperto nel maggio 2006, e di nuova concezione è il Golf Club Sokolov che si trova a pochi chilometri di distanza dal precedente. Disegnato su di un terreno di circa cento ettari dalla Städler Golf Courses è un par 72 di 6288 m, con la vegetazione ancora un po’ bassa ma di notevole impegno. Le prime 4 buche sono molto ampie e di riscaldamento ma poi il gioco si fa più impegnativo, poiché il fairway diventa molto stretto, anche se il rough è piuttosto pulito per permettere un gioco veloce. Offre grandi scorci sulle valli intorno e sembra, in alcuni tratti, un links ma non lo è. Vi è molta acqua e in tal senso è molto bello il par 3 della buca 5, che scende con un notevole dislivello tra il tee e il green.
L’ultimo vertice del triangolo, quello più meridionale, è costituito dal Royal Golf Club Mariánske Láznĕ. Realizzato nel 1905 dallo scozzese Duig è il primo campo da golf costruito nella Rep. Ceca. Alcune lievi modifiche nel 1978 non ne hanno alterato il percorso piuttosto piatto ma non certo facile: i green sono quasi tutti rialzati e ben difesi da larghi bunker. La sua graziosa club house ha mantenuto l’aspetto originario. L’abbiamo visto in occasione del St. Andrews & Jacques Leglise Trophies che precede sempre di qualche giorno la Ryder Cup. Si tratta infatti di un torneo con la stessa formula nel quale si confrontano i giovani delle federazioni europee: Gran Bretagna e Irlanda contro il resto d’Europa. Ovvio quindi che il campo fosse nelle migliori condizioni ma non v’è dubbio che sia sempre un ottimo terreno di gioco. È, nel suo complesso, un campo molto bello e di grande carattere (par 72 di 6062 m).
Le prime buche sono solo apparentemente facili. Basti pensare alla due: la linea di tiro nei tee per amatori risulta alquanto dritta, mentre dal tee da campionato è necesssario alzare la pallina sopra ad un gruppo di betulle giusto in mezzo al fairway. Infine l’arrivo al green è ben difeso dall’acqua. Dalla buca cinque in poi il percorso si immerge tra alte colonne verdi che affiancano i faiways lungo tutto il percorso. La scenografia ne guadagna davvero ma le linee di tiro diventano molto strette. Per l’occasione poi i fairways erano stati ulteriormente ristretti. I bunker sono in numero medio ma molto importanti. Le grandi quinte di conifere che delimitano le varie buche le conferiscono un carattere maestoso e i suoi vasti spazi consentono anche ad un pubblico numeroso di seguire comodamente i tornei.