Golf e Turismo July 2018 text & photo pages 80 – 88
La contea di Donegal è l’Irlanda che guarda a nord, è il luogo dove l’isola verde contende all’Atlantico ogni metro di sabbia, ogni capo, ogni promontorio e dove l’oceano, a sua volta, si inoltra nell’entroterra in interminabili insenature. In questo equilibrio naturale le colline si fanno più dolci, le onnipresenti siepi che riquadrano la campagna si fanno più basse e lasciano spazio al ginestrino e a infinite distese di dune. Un paesaggio naturale per il golf, quello delle origini, con le lepri che scorrazzano tra le distese giallo oro di sparto e fescue e sbucano come folletti irrequieti dalle loro tane nella sabbia; proprio come quelle che, secondo le antiche cronache, furono usate dai primi golfisti per imbucare la pallina.
Il Rosapenna Hotel Golf & Resort è l’espressione plastica di questo mondo. Le sue trentasei buche sono un concentrato di storia e passione. Nel 1891 Old Tom Morris di St. Andrews, vincitore di 4 Open Chamionship, visitò questa parte d’Irlanda e ne comprese il suo formidabile potenziale. Prima di tornare a casa disegnò le prime nove buche proprio a ridosso della lunga duna costiera che lo separa dal mare e nel 1893 il campo iniziò la sua attività.
Dopo le prime modifiche di Harry Vardon e James Braid (1906) e le ultime di Harry Colt (1911), l’Old Tom Morris Links è diventato un par 71 di 5.545 metri che unisce le prime nove buche dell’originario “Valley Nine”, con le più recenti “Strand Nine” realizzate nell’entroterra (2006). È il meno difficile dei due percorsi ed è quello più frequentemente giocato dai soci.
Le seconde buche del vecchio “Old” sono diventate oggi il “Coastguard Academy Nine” e sono state il modello per la realizzazione del Sandy Hills Links, un par 72 di 5.856 metri, il più affascinante di questo resort.
Disegnato da Pat Ruddy e Frank Casey Senior nel 2003 e successivamente modificato da Beau Welling nel 2013, offre le sue difficoltà con molto fair play e poca pietà, e richiede un’attenzione continua dal primo all’ultimo colpo. Non c’è mai un rough a impensierire il drive e i suoi faiway sono sempre rasatissimi, ma è come se fossero stati realizzati sulle onde tempestose dell’oceano di queste parti. I green fanno raramente eccezione a questa regola e sono implacabilmente veloci. Non c’è nulla che trattenga la pallina entro il limite del green consentendo così, ai putt troppo lunghi, discese rovinose e disastri allo score. I bunker almeno sono pochi, ma sono nei punti giusti, profondi e soffici come la sabbia della vicina spiaggia. Non c’è un second cut, si passa direttamente al rough e può essere un incubo. Trovare la pallina è difficile, giocarla spesso impossibile. La sparto che ricopre e innalza incessantemente le dune è bellissimo a vedersi ma crea uno strato soffice, profondo e così compatto che sembra quasi di sprofondare nella neve.
Nei momenti più difficili è tuttavia consigliabile alzare gli occhi al cielo. Potreste essere al tee della della 6 che firma il campo con uno stretto e impegnativo par 4 di 312 metri, con un tiro cieco e dritto nel vento a salire sulla parte alta della duna. Oppure al green della 11 o al tee della 12 dove il magnifico panorama della Sheephaven Bay da un lato e della Mulroy Bay dall’altro vi ripagheranno di tutte le offese che potreste aver ricevuto fino a quel momento. Sarete in mezzo a una distesa di dune e il suono del vento che profuma di mare sarà il vostro miglior compagno.
L’ultimo decennio dell’800 fu felice per il golf nel Donegal. Sempre nel 1891, Charles Thompson disegnò in questa contea un altro bellissimo links: il Portsalon Golf Club, un magnifico par 72 di 5.554 metri. Poco distante dal Sandy Hills, si trova poco più a sud del faro di Fanad Head, dietro alla spiaggia della baia di Ballymostocker.
Si tratta di un club locale dove il benvenuto ai visitatori è sempre garantito. Tecnicamente è meno impegnativo del Sandy Hills. I fairway sono più ampi, i green un po’ meno veloci e con ondulazioni più accessibili e rimane un po’ protetto dal vento dalle montagne Knockalla. Ha un tocco più gentile con noi continentali e dai suoi tee offre una sequenza di panorami da cartolina di cui è facile innamorarsi.
Il percorso originario è stato ridisegnato nel 2000 da Pat Ruddy e le prime tre buche sono solo un approccio alle emozioni che dalla 4 (425 metri par 5) in poi si susseguono senza sosta. Fino alla 8 si segue il basso profilo della spiaggia mentre dalla 11 fino all’ultima si gioca in posizione elevata e ogni tee offre uno sguardo diverso sulla baia e sul terreno di gioco. La firma del campo si trova proprio all’inizio: la 2 è un par 4 di 356 metri che invita a tagliare l’ampia curva intorno alla battigia che la lambisce, ma occorre superare anche un piccolo rio prima di atterrare sul green; e il panorama è magnifico.
Viste da lontano le dune costiere sembrano tutte uguali, ma solo a uno sguardo superficiale. Ogni campo rivela una sua struttura peculiare, un suo proprio carattere, e offre nuove sensazioni. Così è anche per i due percorsi retrostanti la spiaggia di Polland Bay che si trova poco a sud del capo Ballyhillin, la punta più settentrionale di tutta l’Irlanda. Qui troviamo due links di assoluto valore che appartengono al Ballyliffin Golf Club, la cui vita sociale ebbe inizio nel 1948. Due gioielli molto amati anche dal giovane Rory McIlroy che da ragazzo li frequentava spesso e continua ad esserne un gran sostenitore.
L’Old Links, 5.725 metri par 71, fu disegnato negli anni ’70 da Eddie Hackett e Bord Failte e si sviluppa in modo così discreto tra le dune costiere che Nick Faldo lo definì “il percorso di golf più naturale di sempre”. Effettivamente il mare di dune si perde in lontananza e solo la piccola figura della clubhouse sembra interrompere la solitaria bellezza del paesaggio. È difficile giocare la palla in piano, impossibile farlo in assenza di vento e infatti la firma di questo percorso è la 3, un par 4 di 312 metri tutto giocato incontro al vento ma con la selvaggia bellezza dell’isola di Glashedy dietro al green.
Tutt’altra storia per il più moderno Glashedy Links, 5.785 metri par 72. Disegnato da Pat Ruddy e Tom Craddock e terminato nel 1995, fin dal suo concepimento questo percorso doveva essere il coronamento del successo di un club la cui fama arrivava ben oltre i limiti della contea. Pur conservando il fondo naturale, le principali zone di arrivo del drive sono state in parte livellate, il fairway è molto più largo e il numero dei bunker è superiore alla media. È singolare notare come le maggiori difficoltà nella sua realizzazione furono la stabilizzazione della grande duna, che fa da sfondo all’intero campo, e… l’allontanamento delle lepri che avevano fatto del terreno intorno all’Old Course la loro dimora preferita.
Alla ricerca degli ampi spazi necessari ad ospitare i grandi tornei, gli architetti hanno occupato la parte più interna e più alta di tutta la penisola, costruendo intorno e sopra alla “Long Dune” nove buche di grande fascino e spessore tecnico. Qui i dislivelli sono molto più importanti e inoltre occorre molto sangue freddo per non farsi ammaliare dai panorami che a 360 gradi si offrono alla vista. Specialmente al tee della 5 (144 metri par 3) con l’isola di Glashedy Rocks che si vede in prospettiva proprio a fianco del green, a quello della 14 (111 metri par 3) e soprattutto al tee della 7 (137 metri par 3) che non solo firma il campo ma offre una splendida visione aerea su tutti e due i percorsi del club. Il risultato complessivo è di assoluto valore sia tecnico sia paesaggistico. Talmente alto che nel ’96 Nick Faldo fece una concreta offerta per acquistarlo.
Non è un caso quindi se quest’anno, nei primi giorni di questo mese, dopo aver ospitato ben 27 importanti tornei lo scenario si è rivelato pronto ad ospitare l’Irish Open. E non pensate al best score del campo (66) stabilito da Rory McIlroy nel 2006; prendete un bel respiro, guardatevi intorno e godetevi la bellezza che vi circonda.