Golf & Tourism August-September 2006 Text & photo pages 146 – 152
Nel Galles meridionale, ad ovest di Cardiff che è la sua capitale, c’è un tratto di costa dove golf e paesaggio sono la stessa cosa. Come se le verdi distese erbose fossero state create apposta per questo gioco. In effetti sarebbe meglio dire il contrario: è questo gioco che è stato creato in perfetta sintonia con questo paesaggio.
“È tutto merito di questa erba”. Dice David Ward, course manager del Royal Porthcawl Golf Club, strappandone uno stelo per mostrarla meglio. “È fescue (festuca), proprio quella della parabola, si ricorda … vedere la festuca nell’occhio altrui e non la trave nel proprio occhio…?” .“È una graminacea che viene coltivata per il foraggio – continua Ward – ma questo è il suo contesto naturale. Tutto sta nel tenere basso il livello di irrigazione, secondo i parametri del Galles s’intende, per favorire questa specie a scapito delle altre che naturalmente ricoprirebbero questo terreno. Non usiamo nessun diserbante e solo il minimo sui green”. E questo è vero al punto che se non ci fossero tee e green ad indicare i limiti di ogni buca non si riuscirebbe nemmeno a distinguere il perimetro del campo di gioco dal paesaggio circostante. Fescue sui tee, sui fairway e nel rough. Perché quando è tagliata rasa è morbida, compatta e veloce mentre là dove viene lasciata crescere diventa dura e insidiosa: colla intorno alla pallina. Dove il verde viene lasciato a se stesso allora questo semplice fuscello deve lasciare un po’ di spazio a distese di felci scure e basse e alla ginestra spinosa, che a maggio illumina il paesaggio con la sua fioritura, in cui è facile perdere un sacco di palline. Questa regione è veramente un gran bel posto per giocare su dei veri links.
Il Royal Porthcawl Golf Club si trova a circa quaranta chilometri oltre la città di Cardiff lungo la costa di Glamorgan e si affaccia direttamente sul mare. Si sviluppa per 6101 metri (par 72) su di un terreno sabbioso e ondulato che giunge fino alla riva del mare. Qui le maree raggiungono anche i venti metri e quando sono al culmine le onde arrivano a lambire le quattro buche che si sviluppano più a ridosso della spiaggia. La prima sensazione è che in realtà a parte i tee e i green non sia stato modificato nulla del terreno originario: un pendio che digrada dolcemente al mare ricoperto da felci e ginestre. Basta un semplice sguardo intorno per vedere un gran numero di piccoli uccelli e di lepri, che corrono a nascondersi nel folto dei cespugli per sfuggire agli occhi dei falchi che roteano lenti nel vento del mare. Da quasi ogni buca si può avere un colpo d’occhio su tutto il campo e sul canale di Bristol ma questa impressione di assenza di ostacoli è pura illusione: l’handicap minimo per giocare qui è 20. In realtà il fairway è molto stretto e talvolta assente. I green sono molto veloci, spesso rialzati e in pendenza. I bunker sono di tipo scozzese, profondi, dai bordi quasi verticali e situati non solo a difesa dei green ma anche ai limiti dei colpi o nei cambi di direzione. Il vento, generalmente da nord ovest, è variabile nell’intensità e nella direzione, può essere teso o a raffiche e costituisce sempre una vera incognita. La buca nove è la sintesi di tutto ciò, un par 4 di 343 metri giocata contro il vento e con il fairawy che invita la pallina a rotolare verso i bunker. Ma sono i green 1, 2 e 3 ad esprimere davvero l’anima di questo campo. Non si può tuttavia percepire veramente lo spirito di questo club senza una doverosa sosta alla sua club house che è un vero gioiello ereditato dal passato e perfettamente mantenuto. La denominazione “Royal Club” è un titolo di riconoscimento conferito dalla Corona inglese che definisce non solo uno standard qualitativo del campo, ma anche uno status e quindi una storia di tutto rispetto.
Fu fondato nel 1891 quando questo sport era praticamente sconosciuto nella regione. Charles Gibson lo disegnò e Ramsey Hunter, greenkeeper del Royal St. George’s, lo realizzò su terreni comuni sui quali la gente poteva, e può tuttora, far pascolare il proprio bestiame. Tuttavia grazie agli sforzi dei suoi membri già nel marzo del 1909 ottenne il riconoscimento, diventando Royal Porthcawl, e il patrocinio del Principe di Galles che a quel tempo era Edoardo d’Inghilterra. Non è il caso di menzionare tutti i personaggi che hanno affollato questo edificio. I loro volti sono tutti ricordati nei ritratti esposti sulle pareti della suggestiva men’s lounge, con i suoi divani in pelle e il parquet in tavole di quercia consumato dal passaggio di infiniti spikes. Naturalmente ci sono anche la ladies lounge, la prima competizione femminile risale al 1894,e la sala comune a stabilire ambiti gelosamente protetti.
Sono passati molti anni da quando golfisti del calibro di Peter Thomson, Nick Faldo, e Brian Hugget (capitano nella Ryder Cup del ’77) hanno calcato la scena di questo campo ma lo spirito è rimasto intatto. Così come occorre dire la stessa cosa per gli altri club visitati in questo viaggio, non hanno l’appellativo di Royal ma sono altrettanto belli, orgogliosi della propria storia e talvolta anche più impegnativi.
Proprio a fianco del Royal Porthcawl troviamo il Pyle & Kenfig Golf Club. Il disegno originale del 1922 del grande architetto H.S.Colt è stato poi in parte rimaneggiato. I suoi 6024 metri (par 71) si sviluppano su di un terreno altrettanto bello e dalle caratteristiche molto simili al precedente. Non giunge in prossimità della spiaggia ma si apre sugli stessi spazi aperti dove il vento non fatica a portare il profumo del mare. Anche in questo caso il campo si inserisce veramente bene nel contesto di dune sabbiose che formano questo tratto di costa. Il terreno è stato poco o niente lavorato, soltanto i green sono stati rialzati per aumentare la difficoltà dell’approccio. Questa però non significa che il livello di difficoltà generale sia basso poiché i fairway sono stati semplicemente rasati senza togliere alcuna irregolarità naturale del terreno. Ci sono molti bunker e i par tre non hanno fairway se non nei pochi metri che precedono i green.
Viv Morgan, il simpatico ex capitano della squadra del club che ci guida alla scoperta del “P & K”, così ne sintetizza le principali caratteristiche: “Le prime nove sono ben protette e hanno green velocissimi con buone pendenze, le ultime sono faticose anche perché generalmente sono giocate contro il vento. Questo campo ha due anime: le prime nove buche servono per scaldarsi, le seconde nove sono veramente demanding… impegnative”.
Questo tratto di costa alterna distese di dune anche molto alte, come quelle intorno al bellissimo villaggio di Merthyr Mawr, alle stupende scogliere della Glamorgan Heritage Coast. È tutto un susseguirsi di panorami stupendi e piccole insenature che narrano storie di antiche leggende, di traffici di mare non sempre leciti, di antiche chiese e castelli normanni che risalgono al tempo delle crociate, dove sono proprio le stradine di campagna più strette a condurre nei luoghi più suggestivi.
È proprio qui, a pochi chilometri da Porthcawl, che troviamo il Southerndown Golf Club che proprio l’anno scorso ha celebrato il suo centenario. La club house è stata completamente ristrutturata secondo criteri moderni ma lo spirito e l’energia sono rimasti ancora quelli che i Duncan, una grande dinastia di golfisti, seppero infondere in questo club e nella stessa Welsh Golfing Union. Se è mai possibile aggiungere qualche difficoltà di gioco, rispetto ai due campi precedenti, qui si incontrano numerosi dislivelli. Del percorso iniziale di ben 6309 metri con 365 bunker ne restano ora rispettivamente 5897 e 92 con un par di 70, ma il tappeto erboso non ha nulla da invidiare a quello di St. Andrews o di Sandwich. I fairway sono molto stretti, quando ci sono, i green veloci e con forti pendenze, i bunker profondi e sui colpi ma, se vi date un’occhiata intorno, il panorama sul golfo e sulla costa è davvero grandioso.
Proseguendo il viaggio verso ovest si giunge alla simpatica cittadina di Swansea. Le sue spiagge sono una meta balneare e la sua rada accoglie centinaia di imbarcazioni a vela ma spesso il suo nome viene ricordato perché diede i natali a Dylan Thomas, il grande poeta moderno, che qui trovò sempre rifugio e ispirazione durante tutta la sua breve e travagliata vita. Tuttora la sua Boat House a Laugharne, oggi trasformata in museo, accoglie molti visitatori ogni anno. Da qui inizia la Gower Peninsula: bella e selvaggia come la costa di Glamorgan. Proprio alla sua estremità occidentale, la Rhossili Bay offre spiagge incantevoli e la spettacolare vista su Worms Head, uno dei luoghi più belli e fotografati di tutto il Galles.
Il Pennard Golf Club si trova a soli quindici chilometri da Swansea. Se, parafrasando la terminologia nautica, il campo del Southerdown Golf Club poteva essere definito come “mare mosso” quest’ultimo è decisamente un “mare agitato”. In compenso offre i panorami più belli. Il suo percorso di 5509 metri (par 71) si sviluppa tutto sulla sommità delle ripide scogliere che sovrastano la baia di Oxwich ed è costituito quasi esclusivamente di fescue. I green sono veloci, il fairway è spesso assente e i dislivelli sono davvero notevoli. In cambio di un gioco così impegnativo però questo campo offre panorami davvero grandiosi come quello della terrazza della confortevole club house. La modernità della struttura non deve trarre in inganno poiché il club festeggia quest’anno il suo primo secolo di vita. Altri magnifici scorci si ammirano lungo tutte le buche dalla 4 alla 8 che gravitano intorno alle suggestive rovine di un castello normanno, e poi al green della 16 che si protende alto sopra il mare dove il profumo della salsedine e della foresta sottostante si mescolano nel vento costante di questa terra. È una bellezza arcana e struggente, di cose e luoghi che hanno nei loro nomi gaelici il suono e la musicalità della lingua degli elfi nella saga del Signore degli Anelli. Proprio come nei versi in cui Dylan Thomas le cantava il suo amore: “La musica celeste sulla sabbia – suona in ogni granello mentre accorrono – a coprire i castelli e i monti d’oro – della grave, gaia terra in riva al mare”.