Golf & Tourism November 2007 Text & photo pages 114 – 120
Sono incredibilmente affascinanti. Si ergono da più di quattromila anni sopra la valle che il Nilo ha formato con il suo scorrere millenario e, per magnificare ulteriormente la loro imponenza, sono state costruite sul tavolato roccioso che s’innalza di una cinquantina di metri sopra la piana. Se la foschia e lo smog non le nascondono alla vista si possono scorgere anche da più di trenta chilometri di distanza. Viste da sotto hanno un effetto ipnotico: la pietra conserva a lungo il calore del sole ma ha anche un suo magnetismo proprio. Guardandole da ovest, nel sole del primo pomeriggio, le piramidi si stagliano quasi bianche delineandosi nette contro il cielo azzurro. Il mare di turisti che a ondate si riversano lungo il loro perimetro rendono giustizia alle loro dimensioni: minuscole formiche che si rincorrono ai piedi dell’immenso.
Seduta sul suo dromedario, una guardia sorveglia ciò che non può essere certamente rubato e alcuni cavalieri conducono i loro cavalli arabi al trotto, lungo una stradina polverosa. Ma l’illusione che il tempo possa in qualche modo fermarsi finisce qui. Neanche le piramidi sono riuscite a fermare lo scorrere della sabbia nella clessidra del tempo.
È sufficiente spostarsi di qualche centinaio di metri e allora si profila netta, fino all’orizzonte bianchiccio di smog, la moltitudine di case e grattacieli che dalle rive del Nilo hanno portato la città del Cairo a lambire le propaggini più basse di queste incredibili costruzioni. Dopo i cavalieri al trotto sono le auto, i bus dei turisti e dei ragazzini in gita scolastica a fare la fila lungo la stessa stradina polverosa. Ma la meraviglia fortunatamente non è ancora terminata, qualche altro centinaio di metri e ci si può immergere nuovamente nel fascino della costruzione che servì per l’imbalsamazione del faraone Chefren e ammirare infine l’incredibile costruzione della Sfinge.
È però proprio uscendo dai cancelli che danno accesso all’enigmatica costruzione che l’impatto con il mondo attuale diventa stridente: venditori di bigiotteria di infimo valore si alternano a bancarelle di variopinti cammelli di peluche che diffondono musica araba e, al di là del traffico caotico che pervade la piazza, un improbabile Sphinx Hotel si affianca ad un ancor più incongruo Pizza Hut.
Forse un tempo, da questo luogo, si potevano vedere le imbarcazioni di papiro che scorrevano lentamente sulle acque del Nilo, ma ora il grande fiume non è più visibile finché non si giunge proprio lungo le sue rive e le feluche sono ormai rare a vedersi. Paradossalmente le più visibili sono quelle che la sera portano avanti e indietro la pubblicità luminosa di una rinomata casa produttrice di tabacco per il narghilè. Le altre sono solo ombre nella notte che scorrono accanto alle grandi e moderne imbarcazioni dei ristoranti galleggianti dove egiziani e turisti trascorrono la sera gustando piatti della tipica cucina egiziana, e ascoltando musiche locali con l’immancabile danza del ventre.
Eppure è proprio di sera che il volto economico e più commerciale della capitale appare evidente. Le luci dei grattacieli si stagliano nette nel buio della notte e disegnano lungo la Corniche El Nil Street una skyline simile a quella delle più moderne metropoli. Sono diciassette milioni gli abitanti che vivono qui e, ogni giorno, altri tre milioni di pendolari vengono a lavorare in questa industriosa città. Il traffico è sempre caotico ad ogni ora del giorno e, per molte ore, anche della notte ma ad onor del vero e nonostante l’assenza totale di semafori appare sempre in movimento. Come tutto ciò funzioni è uno dei misteri buffi e incomprensibili anche agli occidentali che vivono in questa città da anni.
La visita al più grande mercato del Cairo, Khan El Khalili, è ancora uno di quei luoghi che scaraventano il visitatore in una dimensione assolutamente sconosciuta a noi europei. La fantasmagorica cacofonia di suoni, luci, voci, profumi, colori, sensazioni, volti e oggetti può costituire un’interessante esperienza anche se l’idea di un acquisto non vi ha mai nemmeno sfiorato. Ma se questa è una delle connotazioni più immediate dell’impatto con la capitale egiziana esistono realtà industriali e commerciali di assoluto rilievo.
Ritenendo inutile contrastare la globalizzazione l’elite più moderna del Paese si è lanciata in una corsa allo sviluppo che può essere sintetizzata chiaramente in un’affermazione di Naguib Sawiris, CEO e maggiore azionista di Orascom: “La globalizzazione non è una strada a senso unico”. Gli interessi di Orascom si sviluppano ormai dall’italiana Wind fino all’Hutchinson Telecom di Hong Kong attraversando tutto il Medio Oriente, di cui peraltro è il maggior operatore, comprendendo persino l’israeliana Partner Telecommunications di Tel Aviv. L’antica icona del venditore di tappeti è stata sostituita dalla Oriental Weavers Carpet Co. che produce 6,5 milioni di metri quadri di tappeti all’anno venduti in tutto il mondo: dall’americana Wal-Mart alle europee Ikea e Carrefour.
Sono solo due esempi ma danno il polso della situazione attuale ed è quindi indifferente stabilire se portare la sacca da golf fino a qui per turismo o per un più serio impegno d’affari. Qualunque sia la ragione, l’offerta golfistica di questo paese è di notevole qualità e, in alcuni casi, anche di elevato tasso tecnico. Dodici campi sono già in attività da tempo e offrono una notevole varietà di gioco. Nei prossimi anni questo numero è però destinato a raddoppiare poiché è intenzione dell’Egitto diventare la destinazione golfistica leader nel Medio Oriente, molto più vicina all’Europa di Dubai, con un clima ancora più favorevole di quello della Turchia e con in più un atout di enorme rilievo: oltre cinquemila anni di storia e arte.
Il campo di Ain Soukhna è figlio di questa filosofia: creare una destinazione partendo dal Golf. Sulle sponde del Mar Rosso, a pochi chilometri dal porto di Suez e a meno di due ore d’auto dalla capitale, Lo Stella di Mare Golf & Country Club è un grandissimo e moderno resort che ospita un campo da campionato, par 72 di 6500 m, di buon livello e di ottima concezione. Le linee sono particolarmente strette per le partenze dai tee più lontani ma sono sempre meno impegnative per amatori e ladies. I fairways sono larghi abbastanza per perdonare i colpi meno precisi, nei rough è quasi impossibile perdere la pallina, ma l’acqua impensierisce in ben sette buche. Tra le più difficili si può sicuramente annoverare la sedici in cui si devono superare ben due specchi d’acqua, il primo alla partenza e il secondo nell’approccio al green. Club House e Hotel sono recenti e molto curati nei dettagli. Questo recentissimo percorso si aggiunge agli altri già presenti sulle sponde del Mar Rosso come a Sharm El Sheikh, El Gouna, Hurghada e Soma Bay, ma ha il vantaggio di essere facilmente raggiungibile dal Cairo anche in taxi.
Meno recenti ma di assoluto valore sono invece due percorsi situati nella parte orientale della capitale, a venti minuti circa dall’aeroporto: probabilmente i migliori realizzati fino ad ora in Eitto. Sono due resorts: il Katameya Heights Golf & Tennis Resort e il Mirage City Golf Club inserito nel JW Marriott Hotel.
I 6.200 m del Katameya Heights Golf & Tennis Resort sono di una bellezza impressionante. Il percorso, disegnato da Yves Bureau nel 1997, si sviluppa su dislivelli molto impegnativi che offrono punti panoramici di grande effetto sui quartieri di Heliopolis e Maadi, sulla splendida zona residenziale tutt’intorno e sul deserto che si perde all’orizzonte. Prendetevi un po’ di tempo al tee della 15, un par 5 di 489 m, non è facile trovare panorami altrettanto belli. Si trova sul punto più alto del percorso, più in alto persino delle piramidi e circa quaranta metri sopra al fairway che piega poi in un dogleg a sinistra aggirando uno stagno, prima degli ostacoli sul secondo colpo e i bunker a difesa del green.
Il campo del Mirage City Golf Club è unanimemente riconosciuto quello più difficile, anche secondo il parere dello sportivissimo Rick Blackie pro e general manager del Katameya Heights. I suoi 6500 m (par 72) sono stati disegnati da Peter Harradine nel 1999 sulle prime propaggini delle alture ad est del Cairo. I dislivelli sono un po’ meno accentuati che nel percorso precedente ma gli specchi d’acqua e la vegetazione costringono a linee di tiro molto precise, pena il disastro. La buca 8 (par 5 di 529 m) con l’acqua sulla sua destra ed il salto sull’ampio lago nell’approccio al green ha frustrato molte più coraggiose intenzioni di quanti eagles abbia mai concesso. La dodicesima è un par tre di 150 yarde tanto impreziosito dalla vegetazione fiorita tra le rocce quanto, e proprio per questo motivo, insidioso. L’arrivo alla diciottesima è poi una linea molto stretta a salire su di un green elevato e ben difeso ancora da acqua, bunker e una ripida scarpata posta a destra, nel luogo che apparentemente offre più sicurezza. Le club house di questi due campi sono veramente grandi e lussuose nonostante siano di fatto collegate ai rispettivi resorts.
Ma se si desidera giocare proprio a ridosso delle Piramidi allora conviene trasferirsi su altri due campi: quello del Dreamland Golf Resort e quello del Mena House Oberoi Golf Course.
Il primo è inserito nell’Hilton Pyramids Golf Resort e possiede 27 buche offrendo la possibilità di misurarsi su più percorsi. Il rough, quasi inesistente, consente di evitare perdite di tempo e fairway e green sono molto veloci e ben curati. I larghi fairway consentono un gioco un po’ più rilassato, ma poiché solo sette buche (delle 27) sono prive di ostacoli d’acqua è un percorso che non va affatto sottovalutato.
Per ultimo abbiamo visitato un campo che non può essere paragonato ai precedenti: il Mena House Oberoi Golf Club. Si tratta in realtà di un nove buche per due (par 68 per 4860 m), ovvero due tee per ogni fairway con larghi green che hanno due bandierine a segnare le differenza tra le prime e le seconde nove. Nel 2007 verrà ampliato e completamente ridisegnato raggiungendo una lunghezza più moderna con 12 green e 18 fairway più impegnativi. Se tuttavia c’è una ragione per venire a giocare su questo campo è proprio per la sua storia e collocazione. L’Oberoi Course viene affettuosamente soprannominato il Kodak Course poiché si sviluppa esattamente alla base della piramide di Cheope e i giocatori, anche quelli più accaniti, si fermano spesso ad immortalarsi sullo sfondo delle grandi costruzioni. È, di fatto, una istituzione storica. Fu il secondo ad essere realizzato in Egitto nel 1889 come complemento ad un Hotel di grande prestigio. L’edificio, costruito inizialmente nel 1869 come casino di caccia dal Khedivé Ismail, governatore dell’Egitto, venne trasformato in hotel nel 1885 e da allora sono state davvero numerose le teste coronate e i grandi della storia che qui hanno soggiornato: da Re Edoardo a Lady D., da W. Churchill a Montgomery a F.D. Roosvelt. E se vi capiterà di aprire, al mattino, una delle finestre che guardano le piramidi vi sarà facile comprendere perché soggiornarono proprio qui.