Blog

Non tagliare il ramo su cui sei seduto

Uno sguardo ai boschi d’oltre Brennero

Rivista della Montagna n° 268 October –November 2003  Text & photo pages 58 – 63

Un detto popolare dei boscaioli austriaci sintetizza con semplicità e arguzia la filosofia di questi montanari: “non tagliare il ramo su cui sei seduto”. Quando il concetto di “sviluppo sostenibile” era molto lontano dal diventare uno dei cardini di gran parte dell’economia di montagna, i contadini e i selvicoltori che abitavano le valli al di là del Brennero avevano già individuato il limite del possibile sfruttamento dei loro territori. 

Lo avevano imparato anche a causa di pesanti e luttuose lezioni che la natura aveva loro inflitto. Maestri nell’estrazione e nella lavorazione del ferro avevano usato il legno dei loro boschi per armare gli scavi delle miniere e ricavare il carbone di legna per le forge. L’eccessivo disboscamento ha però causato, nel corso degli ultimi cinque secoli, numerose alluvioni. Dell’ultima, si ricordano ancora le devastazioni nella cittadina di Innsbruck nei primi anni del novecento. 

Così, per amore dei boschi o della semplice sopravvivenza, gli austriaci si sono dati da molto tempo delle regole piuttosto severe per gestire quello che è uno dei loro principali patrimoni economici, sia dal punto di vista dell’economia del Paese, sia per il gran numero di piccoli proprietari terrieri che ricavano, dai loro boschi, una parte importante del loro reddito.

In Europa i grandi produttori di legname sono rappresentati da Svezia e Finlandia ma l’esempio più vicino di sfruttamento delle risorse forestali è proprio l’Austria. E’ il principale fornitore italiano e, nonostante abbia una superficie grande solo un terzo di quella italiana, è quinto nella graduatoria mondiale per l’esportazione di legname semilavorato. La ragione di questo successo è dovuta al fatto che metà del suo territorio è ricoperto da foreste. Una piccola parte di esse ha una funzione di salvaguardia idrogeologica ma la maggior parte sono boschi destinati a creare reddito.

A dividersi la “torta verde” sono in molti: i piccoli proprietari che totalmente ne posseggono circa il 54%, milleduecento medie e grandi aziende con più di 200 ettari ciascuna (30%), e la Österreichische Bundesforste AG (OBF), le “foreste federali”, che con i cuoi circa 583.000 ettari possiede il 15% di tutto il territorio boschivo nazionale. Si tratta di una grande quantità di terreni variamente disposti su tutto il territorio austriaco ma che complessivamente coprono una superficie uguale a quella della Liguria. 

In Austria l’uso del legno per i fini più diversi ha una tradizione millenaria e perciò la sua stessa struttura economica e giuridica è la sintesi di due esigenze, sfruttamento e rinnovazione, solo apparentemente contrastanti. Già nel 1852 una legge imperiale si preoccupò di dare regole precise a questa attività economica di primaria importanza. Nel 1975, una nuova stesura della legge rese più attuali le regole affinché lo sfruttamento odierno non pregiudicasse quello futuro e fosse in equilibrio con i molteplici fattori ecologici di protezione del territorio. 

Come già detto, metà del territorio boschivo è costituito appezzamenti inferiori ai 200 ha. È un patrimonio di famiglia di natura un po’ particolare: invece di incrementare i conti bancari cresce, negli anni, alla luce del sole. La logica del suo utilizzo è quella del piccolo gruzzoletto: si deve costruire una nuova casa, comprare un’auto nuova, cambiare arredamento, sposare un figlio? Si taglia un pezzo di bosco! 

Le medie e grandi aziende agiscono invece con una logica imprenditoriale ma non possono procedere ad uno sfruttamento indiscriminato delle risorse: quello che viene definito il “taglio raso”. Il più semplice da effettuare, il più economico per abbattere ma il più difficile per rinnovare. 

Per legge chi pratica il taglio raso deve procedere, immediatamente dopo, al trapianto di nuove piantine poiché il bosco si riapproprierebbe del territorio solo dopo un tempo lunghissimo, anche oltre il secolo. Le erbe di prateria che crescono molto più velocemente rallenterebbero per molti anni lo sviluppo di nuovi abeti. Per questo motivo, fino a due anni fa, non era possibile abbattere con il taglio raso aree superiori ai due ettari senza speciali autorizzazioni. Nel 2001 la nuova legge forestale ha ridotto ulteriormente questo margine a mezzo ettaro. La procedura è talmente complessa che di fatto i tagli estesi sono rarissimi. 

Oggi le grandi aziende si sono orientate verso il cosiddetto “taglio selettivo”. Si tratta di un taglio molto accurato, scegliendo le piante non solo per il reddito che se ne può ricavare immediatamente ma anche secondo criteri ecologici di ridisegno del bosco stesso. Per secoli le monoculture a conifere hanno sostituito la vegetazione naturale di queste montagne ma ora i forestali più attenti stanno cercando di riportare il bosco alle sue primitive origini. Il perché è molto semplice: un bosco misto di conifere e latifoglie è più forte, resiste meglio alle intemperie, produce un humus più vario e quindi più ricco, cresce quindi più in fretta e la varietà di legni è, nel tempo, più redditizia. In più il processo di rinnovazione di un taglio selettivo avviene spontaneamente senza o quasi intervento umano. La natura usa spesso grandi mezzi ma raramente è sprecona: ecologico è generalmente economico. 

La Bundesforste merita un discorso a parte anche perché la sua realtà racchiude in sé tutti i problemi e le opportunità che questo settore economico ha vissuto negli ultimi dieci anni. 

Si tratta di una grande azienda che ha ereditato il patrimonio di foreste statali esistente dopo la riorganizzazione dello Stato austriaco nel 1924 e che da allora ha vissuto secondo le regole di mercato divenendo un’azienda a tutti gli effetti. 

Circa dieci anni fa però, la situazione di crisi economica a livello europeo e la forte contrazione subita dal mercato italiano, che per l’Austria è sempre stato importante, causò una riduzione media del prezzo del legname tra il 20 e il 30%, mettendo in difficoltà le aziende con alti costi fissi. Per la prima volta, nella sua storia, l’OBF affrontò la realtà di un bilancio in passivo. 

Il direttore generale di allora, Richard Ramsauer, diede inizio ad un profondo processo di ristrutturazione che, proseguito dal suo successore, ha cambiato completamente volto a questa grande azienda. 

Secondo Ramsauer la Bundesforste aveva ancora alcuni vecchi difetti e lui ne prefigurava le soluzioni: “In questa azienda c’è ancora troppo centralismo, mentre è necessario dare molta più autonomia ai distretti sia dal punto di vista economico che ecologico. Qui a Vienna terremo solo più le funzioni centrali, controllo, obbiettivi, finanze, personale, dipartimento parchi nazionali e altre funzioni importanti ecologicamente” – e continuava – “Abbiamo circa 1.500 operatori per tutto il lavoro tecnico nelle foreste. Il controllo sul campo viene invece svolto da un migliaio di forestali per la maggior parte diplomati o laureati (le nostre guardie forestali ndr) che costituiscono l’ossatura della nostra organizzazione. Il territorio della nostra azienda, 850,000 ettari, comprende anche aree non boschive ed è diviso in 62 distretti che sono poi raggruppati in cinque grandi aree. E’ un’organizzazione capillare ma non ancora perfetta. Vogliamo arrivare a ridurre i 62 distretti a 45 allargandone i territori e al contempo riducendo il personale, anche qui a Vienna dove ci sono 200 impiegati, in qualche anno arriveremo ad averne 150”. 

La definitiva riorganizzazione avvenuta nel 1997 ha portato a compimento la ristrutturazione. 

Oggi l’azienda conta 1300 dipendenti, i distretti sono 29 e l’anno prossimo saranno ulteriormente ridotti a 16 (12 divisioni forestali, due tecniche e due di foreste nei parchi nazionali). Ogni distretto è diventato un autonomo “centro di profitto”. La direzione centrale non si trova più nel centro di Vienna ma a Purkersdord, in un bosco poco distante dalla capitale e di proprietà OBF. Vi lavorano solo 90 persone e si occupa unicamente delle decisioni strategiche e del supporto tecnico. 

Anche la scelta di spostare la sede ha un suo rilievo simbolico oltre che operativo. Sono infatti i boschi a fornire alla capitale austriaca la sua ottima acqua potabile (forse la migliore in Europa) e, in questo senso, tutto il sistema forestale austriaco si può considerare come la risorsa principale del sistema idrico di questo paese. 

Di questa come di altre risorse Ramsauer era già ben consapevole nel ‘92: “Abbiamo un fatturato totale di circa due miliardi di scellini (150 milioni di euro) ma disponiamo anche di altre ricchezze non pienamente sfruttate, come l’acqua, le cave di pietra, le segherie, l’uso turistico delle case forestali in eccedenza. Diversificando le attività potremo affrontare meglio periodi di crisi generale come quella che tutta l’Europa sta ora attraversando”. 

Anche sotto la spinta dalle necessità economiche, la filosofia aziendale non ha perso la sua visione ecologica e questo non per spirito velleitario o ideologico ma per una precisa visione strategica. 

Il mercato del legno è difficile oggi come dieci anni fa, al punto che la produzione complessiva di legname è stata ridotta, escludendo dai tagli le aree marginali. Tuttavia non si è seguita la strada suicida dei tagli dissennati poiché il turismo è l’altra principale risorsa economica del paese e non è possibile attuare una politica favorevole al turismo senza tutelare il paesaggio. 

Questa è la principale ragione per cui Georg Erlacher, nuovo direttore dal marzo 2001, ha specificato che la missione della OBF è “gestire le risorse forestali ed accrescerle nel rispetto di uno sviluppo sostenibile e nell’equilibrio verso l’economia, la natura e la società”. 

Dal 1997, la seconda fonte di entrate nel suo bilancio proviene dall’utilizzo turistico degli immobili di sua proprietà. Tradizionali fonti di reddito, come pesca e caccia, sono passate in secondo piano mentre si stanno sviluppando altre attività: la gestione delle acque, le biomasse, la consulenza nella tecnologia forestale e la logistica del legname. 

Il risultato di questa nuova organizzazione emerge evidente dai dati di bilancio: nonostante le difficoltà legate al mercato del legno, il cui fatturato è rimasto pressoché invariato, dal 1997 l’azienda ha comunque un risultato gestionale attivo. Poiché la metà degli utili va allo stato, in questi ultimi anni la Repubblica Austriaca ha introitato dalla OBF circa 120 milioni di euro. 

In questi anni è stata proseguita la politica di tutela del paesaggio restaurando i disastri talvolta causati dalle vecchie strade forestali e costruendo le nuove con criteri moderni e più rispettosi dell’ambiente. I cosiddetti “tagli selettivi”, che deturpano il paesaggio, trovano sempre meno attuazione nella pratica quotidiana. La stessa intuizione di modificare la popolazione dei boschi reintroducendo altre essenze, accoglie oggi, una necessità naturale: i cambiamenti climatici legati al riscaldamento dell’atmosfera possono essere meglio affrontati da foreste miste di latifoglie e conifere. 

Il modello di trasformazione che è stato possibile realizzare in una grande azienda non può essere certamente applicato a tutti i numerosissimi piccoli proprietari. È tuttavia vero che le foreste costituiscono, per questo paese, una delle due principali risorse strategiche e sicuramente quella più importante dal punto di vista dell’assetto idrico e idrogeologico. Il manto verde che ricopre l’Austria è un’eredità ricevuta in dote dal proprio passato che non può essere utilizzata con un’ottica di breve respiro. 

La cosiddetta “filiera del legno”, ovvero tutte le persone che sono in qualche modo collegate alla produzione, trasformazione, trasporto e vendita dei prodotti del legno conta, in Austria, centinaia di migliaia di addetti e solo una visione lungimirante potrà conservare questo patrimonio per le generazioni future.