Rivista della Montagna n° 285 August – September 2006 Text & photo pages 62 – 71
Il pendio è ripido e i trenini che lentamente salgono da Wengen o da Grindelwald all’alpe di Kleine Scheidegg, consentono al viaggiatore di ammirare il paesaggio con calma. È tutto così “tipicamente svizzero” che viene da chiedersi se gli uffici marketing di svizzeraturismo siano stati bravi ad individuare o, piuttosto, a “suggerire” l’iconografia alle valli dell’Oberland bernese. Dall’alpe
un altro trenino a cremagliera s’inerpica poi per dodici chilometri, verso il Jungfrau Joch (3454), la stazione ferroviaria più alta d’Europa, dopo pochi minuti entra in galleria e continua così sino alla stazione terminale. Se non fosse per la consapevolezza del paesaggio appena lasciato alle spalle, si potrebbe avere la sensazione di trovarsi sulla metropolitana di una qualsiasi città giapponese. Poiché la salita al passo è una meta inserita anche nei tour “l’Europa in una settimana”, la percentuale di turisti orientali è elevatissima. Lo smarrimento di un attimo è mitigato dagli stupendi panorami che si ammirano, nelle brevi soste, dagli immensi finestroni aperti lungo il percorso, quando il tracciato della ferrovia sfiora la parete della montagna: “Nord dell’Eiger”, “ghiacciaio dell’Eiger” e al “Mare di Ghiaccio”.
Alla fine tutti percorrono gli ultimi metri, nel corridoi che portano ai terrazzi esterni, con senso di liberazione e di attesa. Si può finalmente toccare la neve, sentire il vento gelido, dare un sguardo al ghiacciaio: tutti in fila per la foto ricordo, magari con i sandali ai piedi perché il giorno prima erano a Venezia. Dopo le foto di rito, come la risacca del mare, ogni ondata di turisti si ritira all’interno del ristorante e allora resta solo l’immensità bianca davanti agli occhi. L’Aletsch è il più lungo e più grande ghiacciaio d’Europa. Come in tutti i paesaggi fatti solo di roccia e ghiaccio è difficile coglierne le proporzioni, la vastità.
Soltanto in lontananza le cordate degli alpinisti offrono un metro di raffronto ma non sono che minuscoli moscerini che sprofondano in un mare di latte. Da un punto di vista tecnico la discesa del ghiacciaio non è che una lunga passeggiata. Può essere faticosa solo se la superficie nevosa è troppo soffice. Se s’inciampa è quasi sempre perché si stava camminando col naso all’insù, verso uno dei tanti quattromila che si innalzano lungo i suoi bordi: la Jungfrau (4158), l’Aletschhorn (4195), il Mönch (4099), l’Eiger (3970), il Finsteraarhorn (4274).
Sono proprio queste montagne ad aver segnato la storia di questo bellissimo ghiacciaio. Sulle loro pareti è stata scritta una parte importante dell’alpinismo svizzero e, probabilmente, dell’alpinismo tout court. Fu scritta da alcuni gentiluomini inglesi e tedeschi e, soprattutto, un da un ristretto numero di guide che vivevano in queste valli. Tra questi ultimi ricordiamo Melchior Anderegg (1828-1912), di Zaun presso Meiringen, e Christian Almer (1826-1898) di Grindelwald. Anderegg ebbe una famiglia numerosa e anche il suo secondo figlio, Andreas, divenne una famosa guida. Tra le sue imprese principali si annoverano diverse “prime”: il Bianco per le Bosses (1859) e per la Brenva (1865), il Monte Disgrazia (1862), la Dent d’Herens e la Punta Parrot del Monte Rosa (1863).
La dinastia Almer fu altrettanto importante: il capostipite Christian divenne ben presto una leggenda ed insieme al fratellastro ed ai suoi cinque figli costituì, per l’alpinismo, un punto di riferimento la cui fama fu ben nota al di fuori dei confini svizzeri. Prese parte alla scalata del Wetterhorn di Sir Alfred Wills ed in seguito accompagnò molti dei più illustri “dilettanti”: Moore, Whymper, Coolidge e molti altri.
Per quanto singolare possa apparire, fu proprio in quegli anni e in questa regione che si creò quel singolare connubio che fece nascere l’idea stessa dell’alpinismo. Le guide furono determinanti nella conquista di queste vette, per le loro indubbie capacità tecniche, ma senza lo spirito sportivo (ed i soldi), di questi benestanti un po’ avventurosi, i grandi personaggi appena citati avrebbero trascorso la loro esistenza tra gli alpeggi (Almer) e la scultura del legno (Anderegg). Fu lo spirito di questi gentlemen inglesi a trasformare un’ascensione in un’impresa, una conquista in un primato e un viaggio in una esplorazione, dei quali puntualmente ci lasciarono il loro racconto.
L’ottocento è stato il secolo delle esplorazioni: non deve stupire che anche le grandi vette costituissero, nell’immaginazione di chi stava realizzando un impero vasto quanto il mondo, un entusiasmante terreno di conquista. Le guide probabilmente stettero al gioco. Avrebbero potuto certamente salire le vette delle loro valli da soli, ma non sarebbe stato possibile poi, per loro, vendere una seconda a dei gentiluomini che avevano fatto della scoperta di “territori vergini” la passione della loro vita.
Tra i tanti episodi di cui l’Aletsch ed i suoi monti furono testimoni ve n’è uno che racchiude in se tutti gli elementi di quest’epoca. Nel mese di settembre del 1865, H. B. George, direttore dell’Alpin Journal di Londra e lui stesso alpinista, sotto la guida di Christian Almer ed insieme a G. W. Young, H. Mortimer e H. Baumann, compì numerose ascensioni nel gruppo del ghiacciaio.
Due di esse furono di rilievo alpinistico: una nuova via alla Jungfrau (da Wengernalp, molto impegnativa) e la prima al Nesthorn. L’anno successivo pubblicò un libro: “L’Oberland ed i suoi ghiacciai – esplorati ed illustrati con piccozza e fotocamera, con ventotto illustrazioni fotografiche di Ernest Edwards”. Nei passaggi più drammatici, versi di Tennyson e sonetti di Shakespeare sottolineano il carattere epico della situazione ed un ghiacciaio, sul quale da almeno due secoli si effettuavano ricognizioni, diventa “terra incognita”. George è però onesto nei confronti della sua guida, gli riconosce il merito di aver aperto la via ed una “grande ed innata abilità nel riconoscere il percorso più agevole e sicuro, una grande determinazione che tuttavia rifiuta la temerarietà”.
È disposto anche a riconoscere che la cucina tradizionale svizzera sia molto più saporita di quella inglese e che i tramonti di Belalp siano incomparabilmente più belli di quanto possa aver mai visto chiunque nella sua amata Inghilterra. Cosa davvero non da poco, per un inglese vittoriano. Di una cosa si lamenta, come del resto tutti gli alpinisti: “degli sciami di viaggiatori che d’estate invadono i prati intorno a Wengernalp”.
E passato molto tempo da allora. Dal 1912 una ferrovia arriva sotto al Jungfraujoch, ed dal 1996 uno speciale ascensore permette a circa un milione di visitatori l’anno di salire fino alla nuova terrazza panoramica, realizzata sulla roccia della Sfinge, da cui si può ammirare un panorama mozzafiato a 360° sulle montagne e le valli intorno.
Per chi fa dell’alpinismo è però un posto ancora speciale. La regione Jungfrau-Aletsch-Bietschhorn, che copre un’aera di oltre 470 kmq, è stata giustamente iscritta nella Lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO e non si è davvero trattato unicamente di un’operazione di marketing. Lo stesso ghiacciaio dell’Aletsch è una struttura assai complessa e affascinante. Come le braccia di un candelabro il Grosser Aletschfirn, lo Jungfraufirn, l’Erwigschneefäld ed il Grüneggfirn convergono a circa due terzi dalla lingua terminale sino a formare uno spiazzo a base quadrata e quasi pianeggiante di due chilometri di lato: Konkordiaplatz. Lo spessore del ghiaccio in questo punto è di circa ottocento metri e proprio da qui, scontrandosi per entrare nel lungo braccio terminale di oltre quattordici chilometri, i detriti morenici conferiscono al ghiacciaio il suo aspetto imponente ed himalayano.
Il panorama che si può ammirare salendo alla Konkordiahütte è uno dei più belli di tutte le Alpi. Il piccolo rifugio si trova su di un balcone naturale posto sul lato di sud-ovest, a circa 200 m sopra il piano del ghiacciaio, e la sua terrazza è il meritato compenso per aver camminato tutto il giorno con la neve al ginocchio e salito le ripide scale che lo collegano al sentiero.
Il silenzio che spesso si incontra su questo piccolo e pur affollato spiazzo roccioso è il rispetto che istintivamente si ha di fronte alle grandi manifestazioni del creato, è l’acquietarsi per assaporare meglio il riposo e la contemplazione fino alle ultime luci del tramonto o, anche più tardi, nelle notti stellate e senza nubi, nell’ingenuo tentativo di assorbire nell’anima ogni minimo dettaglio di tanta maestosità.
L’Aletschwald e l’Eggishonr
L’escursione nel bosco dell’Aletschwald è semplice e adatta alle famiglie, la salita all’Eggishorn (2926 m) è un pochino più faticosa ma offre un panorama eccezionale sull’ultima parte del ghiacciaio, dalla Konkordiaplatz alla lingua terminale.
I villaggi di Riederalp, Bettmeralp e Fiescheralp, da cui si sale o piedi o in funivia all’Aletschwald, sono inseriti nel Gast: la Comunità delle stazioni turistiche senz’auto, comprensorio in cui auto e moto vengono lasciati a valle nei parcheggi custoditi, alle stazioni delle funivie di Morel e Betten, che collegano il fondovalle con l’alpeggio; mezzi elettrici garantiscono poi il trasporto dei bagagli ai vari hotel. Dalla grande balconata naturale sopra alla valle del Rodano si apre una visuale a 180° sulle Alpi Svizzere, dal Monte Bianco al Piz Bernina, e risalendo il crinale e volgendo lo sguardo a nord si può ammirare il maestoso panorama sul ghiacciaio.
La passeggiata più semplice da Riederalp (20 minuti in tutto), porta a Villa Cassel e al suo giardino botanico. Costruita da un banchiere inglese, Villa Cassel è oggi la sede del Centro ecologico d’Aletsch che ospita studenti e ricercatori che lavorano sulla foresta, oltre a un interessante museo di natura alpina. Di qui ci si può inoltrare nell’Aletschwald, riserva naturale integrale: si tratta di un bellissimo bosco di pino cembro, frequentato da cervi, camosci e da stambecchi, che la Pro Natura svizzera è riuscita a tutelare. Nel bosco si sviluppa una rete di percorsi pedonali, e che vanno dal sentiero di cresta a quello che lambisce le ultime morene del ghiacciaio.
Commento
Se il bel tempo vi assiste, sarà una giornata indimenticabile. Il ghiacciaio ha un aspetto davvero imponente ed è l’unico in Europa che abbia le stesse caratteristiche dei ghiacciai himalayani. Normalmente il percorso (18 km) si effettua in discesa ed è adatto anche a chi non ha una grande pratica di alpinismo. Ma se non avete mai calzato i ramponi e impugnato una piccozza, e non avete idea di come legarvi in cordata, è meglio che vi affidiate alle cure di una guida alpina.
Valutazione
Dislivello in discesa: 1600 m. Tempo: 6 ore. Difficoltà: F. Attrezzatura: corda, piccozza, ramponi e lampada frontale.
Descrizione
Si parte dall’osservatorio del Jungfraujoch (3454 m), a cui si perviene sia partendo da Grindelwald sia da Wengen, che si trovano in due valli diverse ma che riuniscono i loro percorsi alla Kleine scheidegg. Fin qui si può salire anche a piedi (3 ore da Grindenwald, 2.30 da Wengen), ma poi bisogna prendere la ferrovia a cremagliera che porta al passo poiché il resto del percorso è alpinistico.
DISCESA
La discesa in cordata dalla stazione meteorologica più alta d’Europa (3454 m) è una lunga passeggiata su una pista tracciata dal passaggio di centinaia di persone che percorrono l’itinerario ogni settimana. Il percorso si snoda lungo l’asse centrale del ghiacciaio e non presenta particolari rischi (se non in caso di maltempo) fino a Konkordiaplatz (2700 m). Da qui si raggiunge la Konkordiahütte (2850 m), alla quale si sale mediante una ripida scala molto aerea. Il rifugio, dove si può eventualmente pernottare, sorge in magnifica posizione panoramica.
Dal rifugio si scende nuovamente sul ghiacciaio di Aletsch. La traccia battuta si snoda di nuovo nel centro della grande colata glaciale per poi avvicinarsi lentamente al bordo di sinistra. In questo secondo tratto occorre maggiore attenzione. Il ghiacciaio perde la sua copertura nevosa e si procede su un ghiaccio scuro e livido, caratterizzato dalla presenza di buchi che inghiottono le acque superficiali. A partire dal punto in cui l’Aletsch inizia a piegare verso destra, si aprono profondi e suggestivi crepacci. poiché l’ultimo tratto del ghiacciaio risulta difficile e pericoloso, intorno ai 2400 m si esce dalla colata glaciale raggiungendo la morena orientale nei pressi della valletta di Märjela. Seguendo la valletta, si raggiunge la Valle del Goms attraverso un lungo tunnel (occorre la lampada frontale) scavato nella roccia che sbuca a quota 2335, sopra la Fieschertal. Dopo il tunnel, il sentiero si trasforma in strada sterrata che giunge a Fiescheralp (Kuhboden, 2212 m) e continua toccando i centri di Bettmeralp (1950 m) e Riederalp (1925 m) stazioni superiori delle funivie che scendono a Betten e a Morel, da dove con il treno si torna a Brigel.
L’accesso
Da Chiasso si segue in autostrada fino a Bellinzona, si percorre il traforo del San Gottardo e si continua fino a Interlaken. Oppure: valicato il Passo del Sempione, si scende a Briga, si risale laValle di Goms fino al Grimselpass (2165 m) e poi per la Haslital si arriva Interlaken. In treno, si segue la linea Milano-Brig-Spiez-Interlaken. Da qui, in treno o in auto, si può salire a Grindenwald; oppure, in treno, si sale a Wengen.In entrambi i paesi si trovano le stazioni del trenino turistico che sale a Jungfraujoch. Se si conta di percorrere a piedi il tratto fino alla Kleìne Scheideggè meglio orientarsi su Grindenwald, poiché il sentiero che inizia da Wengen risale il ripido pendio della “libera” del campionato mondiale di sci. Per raggiungere la Riserva naturale di Rjederalp, da Briga si risale la Valle del Rodano, in treno o in auto, fino a Morel o al parcheggio della funivia di Betten.
Per percorrere l’itinerario sull’Aletschgletscher, conviene utilizzare il treno già dall’Italia ,o da Brig, a cui si torna dopo la traversata sul ghiacciaio. Indispensabile informarsi sulle offerte ferroviarie tipo Swiss Pass, per limitare almeno un poco il costo dei carissimi trenini svizzeri.