Montagna Oggi November December 2001 Text & photo pages 40 – 41
Nell’alta Valle del Goms nasce il Rodano e da secoli vi si accede facilmente attraverso il valico del Sempione. Nel XIV secolo, agli albori della colonizzazione alpina, i Walser che sono una etnia di lingua tedesca fecero di questa valle il primo esempio di sfruttamento di territori elevati oltre i 1500 metri.
Di generazione in generazione migrarono lentamente attraverso i valichi delle Alpi svizzere (e anche un po’ italiane) occupando sempre quei territori che altre popolazioni non erano in grado di sfruttare. In quel tempo il clima più mite permetteva loro di coltivare alcuni cereali anche a 1700 metri di altitudine.
Lungo il corso di tre secoli colonizzarono territori sempre più ad est, e si diffusero sino in Austria, nel Voralberg. I collegamenti tra le diverse comunità avvenivano attraverso una serie di valichi che loro stessi contribuivano a mantenere aperti, almeno d’estate, creando un flusso di persone e animali su una direttrice est-ovest perpendicolare a quello principale tra il sud ed il nord delle Alpi: tra la pianura padana e il mondo germanico. Nel XVIII e XIX secolo la loro padronanza, sia in senso letterale sia metaforico dei passi alpini, li rese anche determinanti nel gestire il traffico commerciale tra il nord ed il sud dell’Europa.
Nel Goms, che potremmo considerare la culla dei Walser, i vallesani hanno continuato a coltivare la terra, condurre le vacche al pascolo e produrre i loro formaggi; hanno resistito a secoli di variazioni climatiche ma non alla globalizzazione. La ricerca di una vita meno dura ha causato anche qui un grande esodo. La diminuzione del prezzo del latte e del formaggio ha costretto alla chiusura un gran numero di caseifici.
Non era assolutamente possibile competere con le grandi aziende casearie ma occorreva fare qualcosa o le ultime famiglie di contadini sarebbero sparite per sempre proprio in quella terra che aveva visto costruire il suo paesaggio dai primi artefici di un mondo alpino che siamo abituati a ritenere scontato e che è invece frutto dell’opera secolare dell’uomo.
Sarebbe stato inutile tentare un confronto diretto con gli standard produttivi delle multinazionali dell’alimentazione. Era necessario puntare su ciò che più peculiare possedeva la valle: buona acqua, aria salubre, nessuna presenza di additivi chimici nel terreno, cultura e tradizione nella produzione del formaggio locale. C’era bisogno anche di un altro ingrediente fondamentale: alcuni uomini che credessero possibile realizzare un progetto laddove gli esperti di marketing erano perplessi se non addirittura contrari.
Occorsero quattro anni di discussioni per convincere le banche e tutti i vari enti locali interessati che era possibile far prevalere le ragioni della speranza su quelle della rassegnazione. Un altro anno per realizzare l’impianto che da gennaio 2001 è operativo ed è costato 2,155 milioni di franchi svizzeri. In agosto è avvenuta l’inaugurazione ufficiale con una grande festa che ha coinvolto i numerosissimi turisti che in estate trascorrono le vacanze in valle. Tutti a festeggiare Valdor: “formaggio svizzero Bio di montagna del Vallese, della Valle di Goms, fabbricato con latte di mucca biologico, crudo e intero, a pasta semidura, con crosta”.
L’impianto è in grado di trattare 3000 litri di latte al giorno e il caseificio ne lavora circa 800.000 all’anno. La maggior parte viene venduto al consorzio di Sierre in bassa valle (garantendo un prezzo di 13 FSV), che a sua volta lo distribuisce nei supermercati, sia in Svizzera che in Francia e in Italia. I120% del prodotto viene venduto direttamente dal caseificio, ai turisti o ai ristoranti e alberghi in alta valle, ma l’ obiettivo è di raggiungere il 30-35%.
Questo risultato, già oggi positivo, non sarebbe stato tuttavia raggiunto senza un grande sforzo collettivo di immaginazione e di prospettiva. Le dodici famiglie di contadini che si sono consociate per realizzare l’impianto hanno investito molto dei loro averi, non solo delle loro speranze, e si sono impegnate sia come proprietari sia come debitori verso i numerosi finanziatori: mariti e mogli, fratelli e sorelle.
Hanno così contribuito anche il Cantone, la Provincia, lo Stato, l’Associazione per lo sviluppo della montagna e quella per l’Agricoltura, le banche e, infine, è giunto anche un credito all’impresa senza interessi e sulla parola.
In un’area in cui la famiglia è il nucleo fondamentale della vita e dell’economia anche questo è un passo di grande rilievo. In cambio di tutto ciò i consociati si impegnano a produrre formaggio e ad allevare le mucche secondo criteri biologici: nessun prodotto artificiale nel terreno, quantità minime di antibiotici agli animali, periodi di permanenza degli stessi fuori dalle stalle anche durante l’inverno, controlli veterinari periodici, controlli e certificazioni del formaggio da parte di Biocontrol, l’ente svizzero perla certificazione ecologica.
Per l’agricoltura in valle è una boccata d’ossigeno, per la Confederazione è un esperimento eventualmente da riproporre. Quando una comunità montana è così esigua anche dodici famiglie giovani (dai 20 ai 35 anni) sono un patrimonio da non disperdere. Se ne sono rese conto anche le amministrazioni, che pure beneficiano di una buona economia di turismo. Per evitare il disperdersi del patrimonio di conoscenze agro-silvo-pastorali ora i ragazzi dei contadini che vogliono continuare il mestiere dei loro padri vanno a scuola: tre anni di stage, poi due anni di amministrazione e gestione aziendale e infine un esame finale. Nella terra dei primi coloni delle Alpi si vuole continuare a sperare e sorridere: cheese.