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Le Guide Verdi

Viaggio nell’arcipelago delle guide ambientali escursionistiche

ALP n° 148 August 1997 Text  pages 52 – 57

Sono oltre tremila e sono destinate a raddoppiare nei prossimi tre anni; negli anni a seguire il loro numero non potrà che salire. Il loro lavoro è anche una passione: non solo per tutto ciò che è naturale ma anche per la storia, le tradizioni, la cultura che nel nostro paese e un po’ in tutto il mondo si è sviluppata intorno al rapporto tra uomo e natura, Vivono e operano in quasi tutte le regioni italiane e ormai le accomuna la consapevolezza di essere il punto di riferimento nella promozione del “turismo verde”. Le guide ambientali hanno lavorato per l’affermazione della propria dignità professionale prima ancora che economica, Oggi si riconoscono in due associazioni: l’Aigae (Associazione italiana guide ambientali escursionistiche), che li qualifica per le specifiche professionalità, e l’Aitea (Associazione imprese turismo escursionistico ambientale) che riunisce tutte le imprese che molti operatori hanno creato per gestire economicamente il proprio lavoro, L’Aigae oggi riunisce 680 guide ambientali, di cui 550 in attività.

Sono decine di imprese e associazioni locali con un fatturato annuo complessivo di alcuni miliardi, ricche di passione e di inventiva, di capacità imprenditoriale pronta a cogliere le più varie richieste di turismo nella natura; in grado di interloquire con le amministrazioni locali, gli enti regionali, i parlamentari più attenti al settore, il Ministero dell’ambiente. Le guide naturalistiche sono ormai adulte, ma per capire la realtà e i problemi del presente occorre ripercorrere la loro storia incominciata quasi vent’anni fa. 

UNA GRANDE CONFUSIONE NORMATIVA 

A partire dai primi anni ottanta cresce la sensibilità verso la tutela ambientale. Vengono creati i parchi regionali, il mondo della scuola inizia a occuparsi di educazione ambientale. Nasce una grande richiesta di corsi di aggiornamento e di soggiorni didattici all’interno dei parchi stessi. La televisione offre programmi specifici e dopo “Airone” nascono varie riviste di settore. Si crea un turismo dei parchi che richiede servizi qualificati, nuove figure professionali. 

Massimiliano Borgia, responsabile piemontese delle guide ambientali, delinea la sua professione: «Il problema è che non esiste una legge nazionale che ne identifichi un nome e degli ambiti in cui svilupparsi. Alcune regioni hanno legiferato in materia prendendo spunto dalla legge 217/83 sul turismo che definisce tutte le professioni turistiche e che dà facoltà alle regioni di crearne di nuove. Alla fine degli anni ottanta in Piemonte nascono, per esempio, l’accompagnatore equestre e l’accompagnatore naturalistico. Altre regioni legiferano successivamente, altre ancora creano figure ad hoc. Il risultato è una confusione normativa enorme. In ogni regione ci chiamiamo con nomi diversi, in Piemonte siamo accompagnatori naturalistici, in Liguria guide naturalistiche, in Valle d’Aosta guide della natura, nelle Marche guide ambientali escursionistiche. L’associazione nazionale che abbiamo creato ha scelto quest’ultima definizione. 

Oggi il mercato principale continua a essere quello delle scuole ma la trasformazione qualitativa del lavoro è grande. All’inizio si trattava soprattutto di creare uno sbocco alla disoccupazione nelle valli, oggi il mercato richiede conoscenze naturalistiche approfondite, capacità didattiche e di animazione, conoscenza delle lingue straniere. 

Di duecentottanta persone abilitate dai corsi piemontesi oggi circa una sessantina svolgono l’attività e hanno dato vita a una dozzina di società cooperative o associazioni. Noi non siamo i difensori dell’ ambiente, non siamo il WWF, la Legambiente, i Verdi. Facciamo economia, trasformiamo i boschi, i fiori, la natura in denaro, in posti di lavoro. In questo modo difendiamo l’ambiente: se un territorio crea posti di lavoro nessuno potrà arrogarsi il diritto di distruggerlo». 

L’ESPERIENZA PIEMONTESE 

Delle tre cooperative presenti sul Parco nazionale del Gran Paradiso, il Roc e Habitat gestiscono le attività sul territorio. «Noi della Cooperativa Arnica – chi parla è Cristina Dal Corso, responsabile – gestiamo principalmente la progettazione e la formazione. 

Nella scelta dei docenti privilegiamo quelli con una conoscenza del territorio e tra questi ci sono sicuramente dei docenti universitari. L’aspetto pratico è determinante, anche perché l’attività delle guide non è di insegnamento teorico. Non svolgeranno mai una lezione teorica sull’etologia del camoscio. Negli ultimi anni c’è stata un’evoluzione: nel corso realizzato nel ’90 i partecipanti al corso erano prevalentemente del luogo e con una scolarità bassa; in quello del ’96, delle 700 ore, erano quasi tutti laureati, universitari o con diploma di scuola media superiore. 

La qualità della preparazione è quindi stata decisamente migliore. Si è data grande importanza alla preparazione didattica, ci siamo impegnati a sollecitare la creatività degli operatori a inventare giochi di ruolo, animazione e quant’altro. Una giornata con i ragazzi non è una lezione: se non si cattura la loro attenzione, e i ragazzi delle elementari hanno esigenze molto diverse da quelli delle superiori, hai sprecato il tuo tempo. 

La parte dedicata alla sicurezza è poca ma del resto gli itinerari non prevedono passaggi in cui necessiti una esperienza di tipo alpinistico: niente corda, piccozza, ramponi, passaggi su roccia o ghiaccio». 

LE ALTRE REGIONI 

In Lombardia le guide ambientali pagano lo scotto di non avere ancora una legge regionale e di vivere un conflitto latente con le figure create dai parchi. A Giovanni Solaro, responsabile delle visite e della didattica del Parco regionale del Ticino, chiediamo di illustrarci l’esperienza lombarda. 

«Il parco ha la necessità di avere una presenza qualificata di guide naturalistiche. È stato il parco stesso a provvedere alla formazione delle guide avvalendosi anche di collaboratori esterni. I partecipanti ai corsi sono stati un centinaio, appartenenti a tutte le età, dagli studenti ai pensionati ma di cultura medio superiore o con laurea. Attualmente le persone che svolgono regolarmente questa attività sono circa una trentina e rivolgono il loro servizio principalmente alle scuole. Sono pagati “a gettone” e nessuno svolge questa attività a tempo pieno perché non è sufficientemente redditizia. In realtà sono per lo più studenti universitari o pensionati». 

La Regione Emilia è in procinto di varare la legge di regolamentazione ma convivono da tempo diverse figure. 

Anche il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna ha istituito le “guide del Parco” e l’ingegner Locatelli, il responsabile, ce ne spiega il motivo: «La legge 394 ce lo consentiva e noi avevamo l’esigenza di avere dei professionisti specializzati sul territorio. Il corso del parco è formativo, dura due anni e alla fine viene rilasciato l’attestato di “Guida naturalistica membro dell’Associazione delle guide ufficiali ed esclusive del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna”. Sino a ora abbiamo formato 25 guide che lavorano sul territorio come liberi professionisti e si sono associati in due “associazioni”» . 

A Cesidio Pandolfi, responsabile Gae della Regione Abruzzo e direttore della cooperativa Ecotur, chiediamo di illustrarci l’esperienza nella regione più “verde” d’Italia: «Credo che l’iter seguito nella nostra regione per le guide naturalistiche sia parallelo a quello di altre regioni. Tuttavia l’Abruzzo ha emanato una legge sugli accompagnatori di media montagna, che non è l’obbiettivo massimo che ci prefiggiamo ma che è un riconoscimento di legge sufficiente a svolgere il nostro lavoro. Sicuramente il riconoscimento della Guida naturalistica sarebbe più consono alla nostra professione. 

In Abruzzo vi è una forte presenza di guide alpine che frenano la nostra crescita. Circa dieci anni fa – continua Pandolfi – iniziammo la nostra attività di guide. La cooperativa Ecotur ha sette anni e lavora all’interno del parco nazionale. Ora siamo sei persone più una dozzina di collaboratori esterni che ci aiutano nei periodi di attività più intensa». 

Come sono i vostri rapporti con il parco? 

«Abbiamo un rapporto formale con l’ente parco, soprattutto per problemi di concorrenza. Il parco ha un corpo di guide ambientali che svolge attività identiche alle nostre. Certo noi abbiamo molti più problemi per farci conoscere ed è un grosso sforzo partecipare a fiere e manifestazioni». 

Com’è la situazione regionale per voi e per i parchi? 

«Occorre dire che la Regione Abruzzo ha puntato tutto sul turismo verde. Il 35% del territorio è protetto, tre parchi nazionali, uno regionale molto grande e numerose aree protette e oasi. Grazie alla legge 391 questi parchi più giovani si stanno sviluppando velocemente e con essi le cooperative di guide ambientaliste che riescono a collaborare efficacemente con le strutture dei parchi. In realtà il Parco nazionale d’Abruzzo è per noi un’arma a doppio taglio: è più conosciuto ma meglio strutturato in proprio. Gli altri parchi invece si stanno evolvendo insieme alle nostre cooperative». 

GUIDE VERDI E GUIDE ALPINE 

Le guide alpine si trovano sostanzialmente compatte nella volontà di escludere le guide ambientali dai territori montani, riferendosi alla legge quadro che regola l’accompagnamento sulle montagne italiane. Era quindi inevitabile chiedere al coordinatore nazionale dell’Aigae, Ignazio Porcedda, una risposta: «Noi, sin dai primi contatti che abbiamo avuto con le guide alpine, abbiamo sempre cercato il dialogo. Quello che abbiamo chiarito sin dall’inizio è che non vogliamo sconfinare in nessun territorio “occupato”. Noi siamo diventate guide di un certo tipo perché ne le guide alpine, ne le guide turistiche soddisfacevano quelle richieste e quindi la gente si è rivolta a noi. Sono quindici anni che lavoriamo e quando noi chiediamo una legge non ci stiamo inventando nulla. Per quanto riguarda le competenze abbiamo inviato più volte alle guide alpine una bozza di protocollo d’intesa così come abbiamo fatto con le guide turistiche. Con le guide turistiche ci sono state diverse correzioni e ora si sta delineando il testo finale. Con le guide alpine ogni tanto ci sembra di intravedere qualche apertura, sembra che il dialogo sia possibile però non si conclude nulla. 

Anche noi intendiamo delimitare i confini di lavoro, che non possono essere geografici, ma derivati dall’uso di quegli strumenti propri delle guide alpine, corde, ramponi e quant’altro prevede la legge sulle guide alpine. Noi diciamo chiaramente che quello non ci compete. Chi lo fa è un abusivo. 

Secondo noi – continua Porcedda – dovrebbero esistere tre figure principali: le guide alpine per quello che riguarda il turismo sportivo, impegnato, con un certo tipo di preparazione fisica e con l’uso di attrezzature specifiche, la guida turistica e la guida ambientale che dovrebbe diventare il contenitore di quelle figure che sono rimaste fuori dalla legge quadro nazionale. Così da colmare questo vuoto enorme tra le guide alpine e le guide turistiche. La differenza con la guida alpina sta nel rapporto che si ha con il cliente che non è di tipo tecnico ma culturale, umano. La guida ambientale si è specializzata nella conoscenza del territorio, del sito culturale, dell’ angolo nascosto del bosco, del particolare che ai ragazzi stimola la fantasia». 

E la disponibilità a bacchettare i trasgressori? 

«Questo è già stabilito nello statuto dell’Aigae. È già successo, alcune tessere non sono state rinnovate. Dove qualcuno si è mosso fuori dalle regole facendo perdere immagine all’Associazione si è intervenuti. Occorre anche sincerarsi che chi usa il nome dell’Associazione sia autorizzato a farlo. Chiunque può presentarsi come guida ambientale escursionistica, il nome non è stato brevettato. Usare il marchio Aigae un’altra cosa». 

Le imprese di turismo ambientale 

Per quanto relativamente agli inizi questo è un mondo di imprese e Maurizio Baccanti (foto),responsabile dell’Aitea e dirigente di Forestalp (cooperativa marchigiana), ci illustra il punto di vista di questi giovani imprenditori. 

«È stato il mercato a farci nascere. L’Aitea è una nuova associazione di imprese che sono nate in questo settore sin dagli anni settanta e quindi con un’esperienza quasi ventennale. Sono imprese che in qualche modo vengono in contatto con il turismo rurale, il turismo verde, che nel nostro caso specifico noi definiamo turismo naturalistico e turismo legato all’educazione ambientale. Prevalentemente queste aziende operano con un’offerta di servizi e iniziative che mettono in collegamento il turista con l’ambiente naturale. Le aziende che operano in questo settore sono radicate sul territorio e quindi sono in grado di offrire al turista quel servizio, quel pacchetto turistico di qualità, vero, autentico, in grado di rendere diverso un bosco delle Alpi da un bosco dell’Appennino, collegando l’ambiente naturale agli aspetti culturali e storici. Ogni località ha la sua storia e su quella storia si possono costruire le proposte turistiche partendo dall’ambiente. 

Quindi come imprese siamo anche impegnate nella salvaguardia e protezione dell’ambiente naturale. 

Un’ultima cosa. Per questo abbiamo creato un marchio di qualità che, al contrario di altri marchi che tendono a standardizzare il prodotto, verifica i servizi e le modalità in cui questi servizi vengono offerti. Il turista che compra servizi garantiti dal marchio Aitea sa di andare alla scoperta di un territorio naturale con delle persone che sono in grado di farne apprezzare al meglio le caratteristiche. Questo non avviene soltanto all’interno dei parchi, ma in molte zone dell’entroterra sconosciute al turismo classico: zone bellissime». 

L’esperienza francese 

Può essere utile dare uno sguardo oltralpe: spesso la Francia è in anticipo di qualche anno nell’inquadramento delle professioni alpine. Nati come primo livello di preparazione nella scuola delle guide alpine francesi, recentemente gli “accompagnatori di media montagna” si sono battuti per la loro emancipazione e nel 1992 hanno ottenuto l’autorizzazione dal Ministero del turismo a svolgere autonomamente la professione. 

Ce ne parla M.lle Jacques del segretariato dell’ Associazione dei Moniteur de moyenne montagne (questo il termine francese) con sede a Grenoble: «È vero che le nostre attività di accompagnamento sono imparentate ma noi non siamo un sottoprodotto delle guide alpine. Formiamo gli associati attraverso corsi generali in cui diamo grande spazio alla pedagogia, all’animazione e ai problemi di conduzione dei gruppi, ma metà del programma è dedicato ai temi naturalistici. Stage su temi specifici offrono il conseguimento di brevetti aggiuntivi: uso di racchette da neve, uso della mountain bike, escursioni nei canyon senza l’uso della corda, birdwatching, riconoscimento dei funghi, ecc. Tutto questo nell’intento di ampliare le opportunità e poter lavorare durante tutto l’anno».